Milan - Benevento: 21 aprile 2018 ore 20:45. Tv e Streaming.

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Ricordi la prima pagina della Gazzetta dello Sport del 16 maggio 1988, celebrativa dell'undicesimo scudetto, quello del Milan di Sacchi, vinto il giorno prima a Como? Nell'occhiello del titolo, 'Milan campione', vi era riportato 'Un grande scudetto dopo nove anni di guai'. Delle varie delizie di quella storica prima pagina (ho ancora qui una copia della edizione di quel giorno), tra foto, disegni, articoli celebrativi del trionfo, ricordo con particolare piacere, e ti propongo il ricordo, di quel minuscolo occhiello, in posizione anonima. Dopo nove anni di guai: il calcioscommesse, le due retrocessioni, gli anni agri con Giussi, a gioire per trionfi con goleade ad Empoli e Taranto, e mio padre che mi ricordava, quasi con maligno piacere, gioie mai vissute, quelle di Wembley, Madrid, Rotterdam, le Intercontinentali, come a tarare quegli innocenti entusiasmi per i gol di Hateley, e l'orgoglio per le prodezze di Evani, Battistini, Icardi, e Filippo Galli che, serioso, non esultava nemmeno quando segnava, quasi a riportarmi alla cruda realtà di una triste situazione del nostro club, le cui impressioni pallide di nuova grandezza svanivano di fronte ad una storia tanto grande, quanto pesante nella sua apparente inattingibilita'. Eppure, tutte queste malinconie, questi piccoli dolori di tifoso, dopo nove anni di guai, sembravano dissolti di colpo, la mattina di quel 16 maggio di trenta anni fa. Quasi felice di averli vissuti, perché ero riuscito a resistervi, e ad uscirne ancora più saldo ed innamorato della maglia rossonera; dissi a me stesso che nulla avrebbe potuto farmi rinunciare al ricordo di quella lunga traversata nel deserto, perché essa mi ricordava da dove venivo, e l'averla superata mi diceva un po' anche chi ero. Con il medesimo spirito, nel condividere ed apprezzare le tue parole, ora vivo questa fase di declino della stella del nostro club, accettando i momenti non felici che sto vivendo per quello che semplicemente sono: le tappe intermedie di un viaggio per l'attraversamento del deserto. Fatto con i medesimi, poveri mezzi di quei nove anni: tanta acqua in borraccia, per i tratti più duri ed assolati, ed una fede nella mente e nel cuore, fresca come brezza di pioggia, che anche il più duro dei deserti prima o poi finisce, e che alla fine di esso arriveranno gioie, fresco e riposo, capaci di appagare in un solo istante di pura felicità ogni tipo di sforzo e sacrificio per raggiungerli. E, la storia del Milan lo dimostra ciclicamente, quando quel momento arriva, ogni dono ci è dato, fatto della stessa materia dei sogni più impudichi e follu della notte prima. Come sempre, allora, cammino, e aspetto quel che deve arrivare, e che so che mi attenderà alla fine del viaggio. :)

Grazie, serve leggere di questi messaggi, validi anche per la vita: riaprono gli orizzonti. Ed in questo momento di crisi, ne avevo davvero bisogno.
 

egidiopersempre

big member
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Ricordi la prima pagina della Gazzetta dello Sport del 16 maggio 1988, celebrativa dell'undicesimo scudetto, quello del Milan di Sacchi, vinto il giorno prima a Como? Nell'occhiello del titolo, 'Milan campione', vi era riportato 'Un grande scudetto dopo nove anni di guai'. Delle varie delizie di quella storica prima pagina (ho ancora qui una copia della edizione di quel giorno), tra foto, disegni, articoli celebrativi del trionfo, ricordo con particolare piacere, e ti propongo il ricordo, di quel minuscolo occhiello, in posizione anonima. Dopo nove anni di guai: il calcioscommesse, le due retrocessioni, gli anni agri con Giussi, a gioire per trionfi con goleade ad Empoli e Taranto, e mio padre che mi ricordava, quasi con maligno piacere, gioie mai vissute, quelle di Wembley, Madrid, Rotterdam, le Intercontinentali, come a tarare quegli innocenti entusiasmi per i gol di Hateley, e l'orgoglio per le prodezze di Evani, Battistini, Icardi, e Filippo Galli che, serioso, non esultava nemmeno quando segnava, quasi a riportarmi alla cruda realtà di una triste situazione del nostro club, le cui impressioni pallide di nuova grandezza svanivano di fronte ad una storia tanto grande, quanto pesante nella sua apparente inattingibilita'. Eppure, tutte queste malinconie, questi piccoli dolori di tifoso, dopo nove anni di guai, sembravano dissolti di colpo, la mattina di quel 16 maggio di trenta anni fa. Quasi felice di averli vissuti, perché ero riuscito a resistervi, e ad uscirne ancora più saldo ed innamorato della maglia rossonera; dissi a me stesso che nulla avrebbe potuto farmi rinunciare al ricordo di quella lunga traversata nel deserto, perché essa mi ricordava da dove venivo, e l'averla superata mi diceva un po' anche chi ero. Con il medesimo spirito, nel condividere ed apprezzare le tue parole, ora vivo questa fase di declino della stella del nostro club, accettando i momenti non felici che sto vivendo per quello che semplicemente sono: le tappe intermedie di un viaggio per l'attraversamento del deserto. Fatto con i medesimi, poveri mezzi di quei nove anni: tanta acqua in borraccia, per i tratti più duri ed assolati, ed una fede nella mente e nel cuore, fresca come brezza di pioggia, che anche il più duro dei deserti prima o poi finisce, e che alla fine di esso arriveranno gioie, fresco e riposo, capaci di appagare in un solo istante di pura felicità ogni tipo di sforzo e sacrificio per raggiungerli. E, la storia del Milan lo dimostra ciclicamente, quando quel momento arriva, ogni dono ci è dato, fatto della stessa materia dei sogni più impudichi e follu della notte prima. Come sempre, allora, cammino, e aspetto quel che deve arrivare, e che so che mi attenderà alla fine del viaggio. :)

siete i miei veri fratelli
 

6Baresi

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Ricordi la prima pagina della Gazzetta dello Sport del 16 maggio 1988, celebrativa dell'undicesimo scudetto, quello del Milan di Sacchi, vinto il giorno prima a Como? Nell'occhiello del titolo, 'Milan campione', vi era riportato 'Un grande scudetto dopo nove anni di guai'. Delle varie delizie di quella storica prima pagina (ho ancora qui una copia della edizione di quel giorno), tra foto, disegni, articoli celebrativi del trionfo, ricordo con particolare piacere, e ti propongo il ricordo, di quel minuscolo occhiello, in posizione anonima. Dopo nove anni di guai: il calcioscommesse, le due retrocessioni, gli anni agri con Giussi, a gioire per trionfi con goleade ad Empoli e Taranto, e mio padre che mi ricordava, quasi con maligno piacere, gioie mai vissute, quelle di Wembley, Madrid, Rotterdam, le Intercontinentali, come a tarare quegli innocenti entusiasmi per i gol di Hateley, e l'orgoglio per le prodezze di Evani, Battistini, Icardi, e Filippo Galli che, serioso, non esultava nemmeno quando segnava, quasi a riportarmi alla cruda realtà di una triste situazione del nostro club, le cui impressioni pallide di nuova grandezza svanivano di fronte ad una storia tanto grande, quanto pesante nella sua apparente inattingibilita'. Eppure, tutte queste malinconie, questi piccoli dolori di tifoso, dopo nove anni di guai, sembravano dissolti di colpo, la mattina di quel 16 maggio di trenta anni fa. Quasi felice di averli vissuti, perché ero riuscito a resistervi, e ad uscirne ancora più saldo ed innamorato della maglia rossonera; dissi a me stesso che nulla avrebbe potuto farmi rinunciare al ricordo di quella lunga traversata nel deserto, perché essa mi ricordava da dove venivo, e l'averla superata mi diceva un po' anche chi ero. Con il medesimo spirito, nel condividere ed apprezzare le tue parole, ora vivo questa fase di declino della stella del nostro club, accettando i momenti non felici che sto vivendo per quello che semplicemente sono: le tappe intermedie di un viaggio per l'attraversamento del deserto. Fatto con i medesimi, poveri mezzi di quei nove anni: tanta acqua in borraccia, per i tratti più duri ed assolati, ed una fede nella mente e nel cuore, fresca come brezza di pioggia, che anche il più duro dei deserti prima o poi finisce, e che alla fine di esso arriveranno gioie, fresco e riposo, capaci di appagare in un solo istante di pura felicità ogni tipo di sforzo e sacrificio per raggiungerli. E, la storia del Milan lo dimostra ciclicamente, quando quel momento arriva, ogni dono ci è dato, fatto della stessa materia dei sogni più impudichi e follu della notte prima. Come sempre, allora, cammino, e aspetto quel che deve arrivare, e che so che mi attenderà alla fine del viaggio. :)

Carissimo, i tuoi ricordi sono i miei ricordi e ciò ci lega a doppio filo. Credo che molti abbiano un idea del Milan come vincente sempre e comunque, quando invece la storia racconta di lacrime e sangue per la più piccola conquista. La sacra verità del tuo discorso al momento in cui parli di identità e di PROVENIENZA, il tifo è fede e come tale trascende da concetti logici. Dove saremmo io e te, o altri fratelli del forum se ci fossimo lasciati andare dopo la disfatta con la Cavese, le due retrocessioni, i campionati anonimi degli anni 70? Sarebbe stato facile tifare un'altra squadra, dopotutto eravamo ragazzetti e ci era concesso, invece la fede ci ha fatto continuare ad essere orgogliosamente Milanisti nonostante non ci fosse allora nulla per cui andarne fieri se non la gloriosa storia e...la fede. Non biasimo nessuno di coloro i quali nel passato, e nel presente, usano toni forti contro la società in primis, è un po come a quel bimbo a cui è stato concesso ogni nuovo giocattolo e all'improvviso più nulla. Vivere è accettare il concetto che le cose cambiano, e fare i modo che queste non cambino noi. In vita mia tante cose mi hanno fatto stare bene, il Milan è una di queste...anche adesso. Un caro abbraccio
 

egidiopersempre

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La faccia orgogliosa, alla Che Guevara, di Egidio Calloni, uno dei più generosi e scalcagnati centravanti che il milan abbia mai avuto, lo 'sciagurato Egidio' di Breriana memoria, è l'emblema del mio Milan.

Anche io mi sono riempito gli occhi, allo stadio, delle giocate degli olandesi, di Ibra, di Shevchenko e di Weah, di Savicevic, di Pirlo, di Seedorf e del primo Pato, che io ritengo uno dei più grandi giocatori che abbiano mai calcato il campo di San Siro.

Ma il MIO Milan è anche quello di Calloni e di Joe Jordan, di Chiodi e di Blisset, perchè la fede è una e la maglia si ama sempre. Non mi vergogno del Milan, non mi vergogno dei giocatori. Le sconfitte ci stanno, anche quelle umilianti come quella di sabato.

Ripartire con orgoglio e con fiducia, già dalla prossima partita. Forza Milan sempre.
 
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