Post molto bello e piacevolissimo da leggere, che sottoscrivo quasi totalmente.
In linee generali non mi sento di condividere del tutto l'equazione per cui la voglia di vincere si manifesti soltanto attraverso grandi spese. Senz’altro la chiusura dei rubinetti può esser considerata un indizio di distacco, specialmente se chi prima ha dato tanto e poi all’improvviso decide di fermarsi, ma non necessariamente è la prova definitiva e ci sono alcuni vincenti esempi che dimostrano come si possa ottenere risultati o tentare di averne anche con un piano di autofinanziamento.
Nelle realtà in cui non si hanno grandi mezzi economici si prova comunque ad onorare, nel vero senso del termine, lo spirito competitivo e sportivo compensando quella mancanza in primis con l’umiltà di voler imparare anche dai propri errori, attraverso una programmazione ed un progetto sportivo e l’organizzazione necessaria alla sua attuazione, in un continuo e progressivo aggiornamento e rinnovamento, anche degli amministratori. Una via ovviamente meno semplice e sicuramente meno immediata per accumulare trofei, ma che ha dato e continua a dare ovunque dei frutti (guai se così non fosse), magari anche più gustosi perché più “sudati”.
Come hai giustamente rilevato, il problema non è ‘non vincere’. Nel caso specifico del Milan, il degrado si specchia prima di tutto nella mancanza di un solido ed ambizioso piano alternativo che dimostri di voler comunque provare a vincere. Che progetto è quello per cui ogni stagione fa storia a sé e s’inizia a ricostruire sulle macerie di ciò che di buono è stato fatto l’anno prima poi puntualmente abbattuto in quello dopo?
Il problema vero, secondo me, è l’orribile assenza di stimoli, strenuamente ed arrogantemente salvaguardata nella sagra del già visto e già sentito, un giorno si e uno pure dai nostri ormai vecchi, ingombranti ed appagati dirigenti con la prospettiva del passato invece che quella del futuro. La mancanza di progettazione, di rischio per l’investimento a lungo raggio, su cui puntare ad occhi chiusi perché conosci personalmente l’uomo ed il giocatore su cui hai investito, non il procuratore o il maneggione che te l’ha interessatamente suggerito e spacciato per affare; il problema è l’estemporaneità delle loro mosse di mercato, quando privi di idee improvvisano soluzioni “dell’ultima settimana” senza senso tattico né logico o peggio con un mero fine propagandistico, sperperando così l’esiguo budget su giocatori/uomini non degni di rappresentare in campo o fuori quei due colori.