Si può dire che è stato un fallimento del mercato in cui lo Stato non è intervenuto.
Dopo la prima guerra mondiale gli States hanno vissuto un boom economico. Grande produzione industriale (con grande esportazione all'estero), grandi guadagni, grandi risparmi, liberismo assoluto o quasi. Bene. Risparmi tali da prestare ingenti somme di denaro ai paesi europei colpiti dalla guerra, per ricostruire.
Gli americani cominciano ad investire in borsa senza un freno. Le banche americane prestano soldi alle imprese come fossero noccioline, tassi di prestito ridicoli, controlli bassissimi, niente antitrust, cartelli a go go. Tutta l'industria americana si accentra intorno a qualche centinaio di imprese. Imposte, bassissime.
La ricchezza si concentra in mano a pochissimi.
A cosa porta questo?
1) Euforia. Troppa. I grandi investitori (che hanno in mano la ricchezza, e vengono tassati poco, specie sulle rendite finanziarie. Inoltre, siccome le banche forniscono denaro come acqua sorgiva, è facile averne per investire, e siccome la borsa continua a crescere, N persone si indebitano per speculare) investono, investono, investono in borsa, creando una bolla. Quando alcuni grossi investitori si accorgono che ci si è spinti troppo oltre, tolgono un paio di mattoncini dalla torre. Cominciano a vendere. PANICO.
2) La borsa crolla, tutti cominciano a vendere, i titoli crollano.
3) Le banche cominciano a richiedere indietro il denaro prestato.
4) Le industrie provano a pagare le banche, quando riescono. Quando non riescono, chiudono.
5) Gli USA chiedono agli stati europei di rientrare dei loro prestiti. La crisi diventa globale.
6) Le esportazioni crollano, a causa del punto 5.
7) I disoccupati aumentano, a causa dei punti 4 e 6.
8) I disoccupati fanno la fame. Ma la fame vera, perché il governo teneva le imposte ad un livello troppo basso.
Per un economista è come vedere una centrale atomica esplodere.
Con la politica economica del New Deal, ne sono usciti.