mistergao
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Visto che a tanti è piaciuto il mio thread su Milan-Barcellona, mi è venuta voglia di scriverne un altro, per parlarvi di una partita di 25 anni fa. Spero vi piaccia.
PROLOGO
La coppa Intercontinentale è stata, dal 1960 al 2004, la manifestazione che ha messo di fronte le vincitrici della Coppa dei Campioni e della sua omologa sudamericana, la Coppa Libertadores. Sgomberiamo subito il campo da un errore che spesso viene commesso: se è vero che il Mondiale per Club è la sua naturale evoluzione, le due competizioni non si possono mettere sullo stesso piano.
La Coppa Intercontinentale era molto più bella. Più viva, più avvincente. Le sudamericane all’epoca spesso erano squadre forti quanto le europee, ben allenate, ricche di talento. Non c’era ancora l’acquisto di talenti giovanissimi dai parte dei club europei e si poteva competere allo stesso livello.
PRIMA
Nel 1989 si incontrano il Milan e l’Atletico Nacional de Medellin: I colombiani sono tosti, hanno un allenatore, Maturana, che è il Sacchi sudamericano e in porte il pittoresco Higuita, portiere tanto bravo quanto imprevedibile.
Ma il vero problema è che l’Atletico è la squadra della città in cui vive Pablo Escobar, boss della droga che controllava buona parte del mercato di cocaina degli anni ’80, oltre che discreto trafficante di armi. All’epoca i rapporti tra Escobar e la squadra erano chiacchieratissimi, come quelli della sua amicizia con i giocatori,
Come al solito, spesso erano solo voci, di certo è provato che parte della strategia di Escobar per ingraziarsi “El Pueblo” stava anche nel finanziare attività sportive local; inoltre l’ex presidente del club, Hernan Botero, era in carcere negli USA, per una serie di reati. Sui media italiani scoppiò il putiferio: secondo tanti il Milan non doveva scendere in campo. Quella partita non si doveva giocare, se il Milan avesse giocato avrebbe (secondo una tesi all’epoca in voga) legittimato il traffico di droga e di armi e, più in generale, i comportamenti di Escobar. Non sta a me scrivere se quella partita era da giocare o no, ma rendervi conto del clima che accompagnò quella spedizione: nessuno parlava di calcio, solo di droga, armi, criminalità. Che poi, a ben vedere, sorge il forte sospetto che dietro a tanti di quelli che parlavano c’era un’invidia spropositata per quella squadra così bella e così vincente…
LA PARTITA
Ah, sì, la partita: una noia mostruosa. Alzarsi alle 4 del mattino per vedere una partita a scacchi è deludente. Sacchi e Maturana si annullano, le uniche emozioni (diciamo un paio in 120 minuti) le regala van Basten, ma è proprio poco. Poi, al 119°, ecco che Higuita mette un uomo in meno in barriera ed Evani tira fuori un tiro furbo, che lo batte. E’ finita, il Milan ha vinto una guerra di nervi contro l’avversario colombiano e i polemisti italiani.
DOPO
La squadra torna in Italia, sollevando la coppa. Le polemiche si spengono nel giro di 5-6 giorni anche perché, si sa, sotto Natale siamo tutti più buoni. E un’altra coppa fa bella mostra di sé nella bacheca rossonera.
PROLOGO
La coppa Intercontinentale è stata, dal 1960 al 2004, la manifestazione che ha messo di fronte le vincitrici della Coppa dei Campioni e della sua omologa sudamericana, la Coppa Libertadores. Sgomberiamo subito il campo da un errore che spesso viene commesso: se è vero che il Mondiale per Club è la sua naturale evoluzione, le due competizioni non si possono mettere sullo stesso piano.
La Coppa Intercontinentale era molto più bella. Più viva, più avvincente. Le sudamericane all’epoca spesso erano squadre forti quanto le europee, ben allenate, ricche di talento. Non c’era ancora l’acquisto di talenti giovanissimi dai parte dei club europei e si poteva competere allo stesso livello.
PRIMA
Nel 1989 si incontrano il Milan e l’Atletico Nacional de Medellin: I colombiani sono tosti, hanno un allenatore, Maturana, che è il Sacchi sudamericano e in porte il pittoresco Higuita, portiere tanto bravo quanto imprevedibile.
Ma il vero problema è che l’Atletico è la squadra della città in cui vive Pablo Escobar, boss della droga che controllava buona parte del mercato di cocaina degli anni ’80, oltre che discreto trafficante di armi. All’epoca i rapporti tra Escobar e la squadra erano chiacchieratissimi, come quelli della sua amicizia con i giocatori,
Come al solito, spesso erano solo voci, di certo è provato che parte della strategia di Escobar per ingraziarsi “El Pueblo” stava anche nel finanziare attività sportive local; inoltre l’ex presidente del club, Hernan Botero, era in carcere negli USA, per una serie di reati. Sui media italiani scoppiò il putiferio: secondo tanti il Milan non doveva scendere in campo. Quella partita non si doveva giocare, se il Milan avesse giocato avrebbe (secondo una tesi all’epoca in voga) legittimato il traffico di droga e di armi e, più in generale, i comportamenti di Escobar. Non sta a me scrivere se quella partita era da giocare o no, ma rendervi conto del clima che accompagnò quella spedizione: nessuno parlava di calcio, solo di droga, armi, criminalità. Che poi, a ben vedere, sorge il forte sospetto che dietro a tanti di quelli che parlavano c’era un’invidia spropositata per quella squadra così bella e così vincente…
LA PARTITA
Ah, sì, la partita: una noia mostruosa. Alzarsi alle 4 del mattino per vedere una partita a scacchi è deludente. Sacchi e Maturana si annullano, le uniche emozioni (diciamo un paio in 120 minuti) le regala van Basten, ma è proprio poco. Poi, al 119°, ecco che Higuita mette un uomo in meno in barriera ed Evani tira fuori un tiro furbo, che lo batte. E’ finita, il Milan ha vinto una guerra di nervi contro l’avversario colombiano e i polemisti italiani.
DOPO
La squadra torna in Italia, sollevando la coppa. Le polemiche si spengono nel giro di 5-6 giorni anche perché, si sa, sotto Natale siamo tutti più buoni. E un’altra coppa fa bella mostra di sé nella bacheca rossonera.
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