Il topic degli asinelli

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Esatto, usignolo e lastrico sono altri casi (inversi tra loro) che continueremo a portarci avanti nel tempo.

Cosa studi Gre? :)

Io lavoro (ho 55 anni) ma ho frequentato Lettere e appena mia figlia terminerà gli studi universitari, mi reiscrivo per la Laurea in Storia.

Poi dicono che i miei topic non portano niente di costruttivo :fuma:

Guardate quante cose si imparano, ha che si puo' scrivere senza h e' una perla :ave:

Precisiamo: senza h ma con l'accento.

Sicuro di non confondere la lingua italiana con la licenza poetica? :fuma:

Comunque se ragionassimo così sarebbe anche corretto usare, ad esempio, la "t" al posto della "z" come usavano i latini :cool:

Ogni epoca fa storia a sè

Ecco cosa scrive l'Accademia della Crusca:

E infatti è in bocca alla vecchia cui Renzo chiede consiglio sulla strada per Gorgonzola che Manzoni, nel cap. XVI dei Promessi Sposi, mette la battuta "A me mi par di sì". A guardar bene, però, non si tratta di una ripetizione, la quale implica identità con l'elemento ripetuto, né di un riempitivo, il quale implica superfluità e inutilità. Qui si avverte bene che il primo pronome, tonico, ha più forza del secondo, atono, quindi ha un valore diverso. È sempre, certo, legato al verbo parere, ma estratto dalla frase e preposto ad essa, come "tema" del prossimo enunciato; equivale dunque a "quanto a me, per quanto ne so io" e quindi contiene maggiore informazione del semplice complemento di termine che lo segue (mi). Per rendere evidente l'analisi della struttura logica e intonativa del tutto, si potrebbe porre una virgola dopo a me, separando il tema dell'enunciato dal suo "rema", ossia dalla sua parte predicativa, che contiene la vera informazione della frase, cioè, nel caso del colloquio tra Renzo e la vecchia, la risposta di questa alla domanda del fuggiasco. Manzoni giunge fino ad assolutizzare il tema, cioè a togliergli la preposizione che lo lega sintatticamente al resto dell'enunciato, mettendo, nel cap. IX, in bocca a Gertrude la maliziosa battuta per il padre guardiano: "Lei sa che noi altre monache, ci piace di sentir le storie per minuto". Prima, dunque, di misurare e giudicare tutta la lingua col metro di una grammatica del discorso logico, bisogna pensare che accanto ad essa c'è anche la grammatica del discorso affettivo, ad una grammatica del parlato accanto a quella dello scritto. O meglio, c'è una lingua sola, ma che adempie funzioni comunicative ed espressive diverse, di tutte le quali una grammatica moderna deve render conto, guidando lo scolaro a distinguerle e ad usarle nei contesti opportuni.»

Gli per loro è attestato nei dizionari più recenti, come il GRADIT, “Grande Dizionario Italiano dell’Uso” di Tullio de Mauro (2000, UTET), che nella definizione di gli scrive: “2 gli [...] colloquiale, specialmente nella lingua parlata compare in alternativa a loro, a loro, a essi, a esse: quando me lo chiederanno, gli risponderò” [cioè risponderò (a) loro]. Il DISC; “Dizionario Italiano Sabatini Coletti” (1997, Giunti) scrive: “[…] come pl. gli (come esito del dativo latino plurale illis) è assai freq. in quanto forma più chiaramente atona (e quindi proclitica o enclitica) rispetto a loro […]”. Dunque, a parte la ragione etimologica a tale uso (loro invece deriva dal genitivo plurale illorum), esiste una giustificazione “pratica”, dovuta al fatto che per le altre persone esiste la possibilità di scegliere tra pronome enclitico e proclitico: mi dice / dice a me; ti dice / dice a te; gli dice / dice a lui; ci dice / dice a noi; vi dice / dice a voi; per la terza persona plurale questa possibilità non esiste: dice (a) loro e non *(a) loro dice: il pronome “mancante” viene, nell’uso, sostituito da gli. Tale forma è stata usata anche dal Manzoni: “Là non era altro che una, lasciatemi dire, accozzaglia di gente varia d'età e di sesso, che stava a vedere. All'intimazioni che gli venivan fatte, di sbandarsi e di dar luogo, rispondevano con un lungo e cupo mormorio; nessuno si muoveva”. (Promessi Sposi, XIII).

Il caso di gli usato in luogo di le è citato nel DISC: “L’uso di gli come f. sing., tradizionalmente condannato dai grammatici, è di antica data ed è pienamente giustificato dal punto di vista etimologico (derivazione dal lat. sing. illi, anche f.)”; il DISC cita poi come esempi letterari di tale uso Sacchetti e Soffici. Luca Serianni scrive, a tale proposito, nella sua Grammatica Italiana (cap. VII par. 38): “Se gli per loro non può certo dirsi errore, decisamente da evitare anche nel parlato colloquiale è gli per le («Quando vedo tua madre gli dico che hai fatto i capricci») che pure ha «precedenti illustri, dal Boccaccio al Machiavelli al Carducci al Verga» […]”.
Per riassumere, l’uso di gli in luogo di loro, a loro, a essi e a esse è da considerare senz’altro corretto (Ora vado dai tuoi amici e gli dico che la devono smettere di fare chiasso), tranne che, forse, nel caso di registri altamente formali (Il parroco espresse loro le sue più sentite condoglianze). L’utilizzo, invece, di gli per le, è sentito più scorretto dell’altro perché ha subito e continua tutt’ora a subire una maggiore censura scolastica; quindi se ne tende a sconsigliare, nella maggior parte dei contesti, l’impiego.

Attualmente le forme con la h sono senz’altro le più diffuse e quelle indicate come corrette dai grammatici e dai linguisti: nella Grammatica di Luca Serianni, dove per altro si trova una breve sintesi sulla questione, si precisa che le forme à, ài, ànno e ò «oggi appaiono grafie non certo erronee, ma di uso raro e di tono popolare». Tuttavia non sono poche le persone che le usano, soprattutto se la loro formazione scolastica è stata compiuta nella prima metà del secolo scorso;
 

iceman.

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Ma dove la trovi laa voglia di continuare a studiare a quell'eta'? Ci vuole veramente un equilibrio mentale da toptoptop.
 

E81

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Io ho 30 anni e ancora ho gli incubi che riguardano la scuola :sisi: Non credo riuscirei mai a riprendere, anche se delle volte il pensiero va va e va... xD
A Gre-no-li va tutta la mia ammirazione!
 
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[MENTION=259]Gre-No-Li[/MENTION] Ma ogni epoca fa storia a se... Restando su Manzoni, allora potremmo dire "non ostante" staccato :D
 

esjie

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Ma dove la trovi laa voglia di continuare a studiare a quell'eta'? Ci vuole veramente un equilibrio mentale da toptoptop.

E' più facile aver voglia da adulti che da ragazzi.

Poi se ad una certa età non si rizza più dovrà pur passarsi il tempo in qualche modo. :fuma:
 
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Ma dove la trovi laa voglia di continuare a studiare a quell'eta'? Ci vuole veramente un equilibrio mentale da toptoptop.

E' l'insaziabile desiderio di conoscenza. E di mettersi alla prova.

Io ho 30 anni e ancora ho gli incubi che riguardano la scuola :sisi: Non credo riuscirei mai a riprendere, anche se delle volte il pensiero va va e va... xD
A Gre-no-li va tutta la mia ammirazione!

Grazie gentil donzella.

[MENTION=259]Gre-No-Li[/MENTION] Ma ogni epoca fa storia a se... Restando su Manzoni, allora potremmo dire "non ostante" staccato :D

D'accordo, ma se certi fenomeni che oggi sono più accentuati, sono presenti lungo tutta la storia letteraria dell'italiano, diventa difficile farli passare per errori da rosso.

E' più facile aver voglia da adulti che da ragazzi.

Poi se ad una certa età non si rizza più dovrà pur passarsi il tempo in qualche modo. :fuma:

C'è un tempo per studiare e un tempo per fare altro. Logicamente non ne fai più tre in un'ora, ma anche ad una certa età ci si difende.
 
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Ma quelli che: PULTROPPO? PROPIO? CORTELLO? ALBITRO?


:facepalm:

PULTROPPO/ALBITRO/CORTELLO: Lo scambio tra liquida e vibrante in posizione preconsonantica e postconsonantica (pe[l]ché «perché», c[l]edere «credere», ca[r]do «caldo) è abbastanza caratteristica dei dialetti pisano/livornesi.
PROPIO è graficamente sbagliato, ma riflette l'effettiva pronuncia della maggioranza
 
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