Scusa se insisto ma vedo un punto cruciale nell'intervista di Campopiano che a mio parere spiega tutta la confusione di questo periodo e le varie notizie contradittorie, perfino l'acquisto dell'Inter:
"Il suo collaboratore Gancikoff, che prima era stato suo studente, ha avuto e ha tuttora il ruolo principale, in quanto è stato lui a fiutare questa possibilità di cessione del Milan, e ha "coinvolto" il suo "mentore" Sal Galatioto. A quel punto Galatioto è sceso in campo con tutto il suo potere e con tutte le sue conoscenze. Primo, con il Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, il quale sta preparando un piano di espansione calcistica molto forte, ed insieme a Galatioto ha messo in piedi un piano di espansione calcistica. Infatti l'italo americano ha ottenuto dal punto di vista STATALE delle garanzie economiche, infatti tra i gruppi coinvolti nella cordata che vuole rilevare il Milan ci sono alcuni a partecipazione statale, e questo conferma infatti, come ci sia dietro tutto, il Presidente della Repubblica Popolare Cinese. "
Questa parte ribalta tutti i discorsi che sono stati fatti fino a questo momento e tutte le nostre convinzioni,
mi pare lampante che la proposta d'acquisto del Milan non sia partita dai Cinesi, al contrario fininvest dopo il fallimento di Bee si è rivolta a Gancikoff che a sua volta ha contattato Galatioto per cercare gli investitori cinesi, arrivando perfino al presidente Xi Jinping.
Dalle parole di Campopiano si potrebbe anche dedurre che l'iniziativa possa essere anche direttamente di Gancikoff, ma di sicuro non è partita dalla Cina.
In un sistema come quello cinese, in cui solo la titolarità del capitale è in mano a soggetti privati, ma tutto, dalla iniziativa alla strategia imprenditoriale fino alla disponibilità del capitale per l’investimento strategico, è nelle mani dello Stato, è impensabile che l’atto di impulso di un simile investimento sia nelle mani di un privato. E’ questo il motivo che ci rese subito molto freddi sulla serietà dell’iniziativa del libero pensatore, broker di Bangkok, Bee Taechaubol, nello scorso anno, allorché si leggeva che andava in giro vantando di avere il consenso di quella o quell’altra istituzione finanziaria pubblica cinese. Inconcepibile, per il metodo statuale cinese. Questa iniziativa affonda piuttosto le origini nell’azione di Richard Lee di un paio di anni fa, così ben descritta da Next Magazine di Hong Kong in quel luminoso articolo del marzo 2015, che dovrebbe essere letto e citato più spesso, considerata la enorme quantità di informazioni, gran parte delle quali riscontrate dai fatti, che riportava, in primis sul ruolo predominante di Xi Jinping nella decisione dell’investimento nel calcio e nella scelta del Milan come club di riferimento della Cina come primo club occidentale a totale controllo cinese. In un contesto di quel tipo, la discettazione se si tratti di una cordata o meno non è inesistente ma sposta il problema dalla identità dei soggetti allo scopo reale dell’iniziativa: non conta la qualità del singolo imprenditore, le sue potenzialità di fatturato e le sue capacità patrimoniali, che non sono sue, come detto, ma dello Stato, ma quello che vuole fare, e con quanto lo vuole fare, che è come dire quello che vuole fare lo Stato che è dietro di lui. Questo Berlusconi ha sempre preteso dal suo amico personale Xi dall’inizio di questa storia (“Tratto con uno Stato”, disse, e non erano le solite parole a vuoto), su questo ha ripetutamente battuto anche quando, diversi mesi fa, dopo la chiusura della vicenda di Mr. Bee, Marina Berlusconi ha riaperto il dossier Cina, e l’incaricato Sal Galatioto gli ha sottoposto l’elenco dei soggetti interessati al progetto secondo le linee guida stilate dal famoso manager italo-americano, scelto non solo per aver diretto le dismissioni di tutti i principali club sportivi professionistici nordamericani nell’ultimo ventennio, ma per averne sempre promosso il processo di espansione commerciale del marchio, con risultati strepitosi. Sarebbe a questo punto legittimo chiedersi il perché Berlusconi possa essere interessato alla qualità di un progetto di cui non farebbe più parte dal punto di vista imprenditoriale. La risposta risiede nel solito, eterno motivo: potere politico, consenso sociale, ‘soft power’ delle menti del popolo attraverso il carisma di una squadra di calcio potente e vincente, comunque riferibile a questo potere. Il solito menu degli ultimi trent’anni, semplicemente da attuarsi, da questo punto in poi, con il capitale di un altro soggetto convergente per interessi sul medesimo obiettivo. Un calcolo politico sublime e perverso, che poteva essere colto e condiviso solo da chi, dall’altro capo del mondo, ne ha fatto, da Deng in poi, elemento di dottrina nella propria strategia per il controllo del mondo. La sfida è stata dunque lanciata, ed il Milan è il suo strumento. Che questo possa piacere in assoluto, è un altro discorso: i promessi risultati, credono con molto pragmatismo Berlusconi e i suoi partner cinesi, aiuteranno non poco i tifosi a farselo piacere.