Informazioni credibili, considerate le più volte annunciate richieste di Berlusconi (e di Fininvest) sul punto delle garanzie degli investimenti pluriennali. Aggiungeremmo solo alcune considerazioni: la stabilità del nucleo di investitori è tratto caratteristico dell'hedge fund, che è un fondo di investimenti chiuso, in cui la selezione dell'investitore avviene per adesione ad un programma di investimenti molto preciso ed in funzione del tempo della sua realizzazione, con impegni di permanenza nel fondo molto rigidi attraverso la previsione della possibilità di realizzazione solo attraverso l'uscita dal fondo, con rendicontazione serrata del management sugli esiti dell'investimento, ma senza divisione intermedia di utili o cedole. Lì la stabilità degli investimenti è assicurata dallo scopo condiviso nel programma di adesione sottoscritto all'ingresso nel fondo (non a caso, questo fondo speculativo è generalmente ad appannaggio di cassettisti con grandi possibilità patrimoniali). Piuttosto, non è controllabile la decisione del fondo di permanere, ed in qual misura, nella società veicolo, che, da quanto riferito dalle fonti giornalistiche più accreditate, dovrebbe essere controllata dal fondo per acquisire il famoso 70 per cento del club. In quest'ambito, nulla vieterebbe al controllante di cedere il controllo di questa società, si è detto quotata in Borsa, anche un istante dopo il suo collocamento per una legittima esigenza speculativa. E' dunque probabile che Fininvest, e Berlusconi, abbiano posto esigenze di garantire la permanenza del fondo cinese nella società veicolo, e dunque nel Milan, per più anni, e dunque proponendo, ipotizziamo, patti di blocco del flottante azionario al di sotto di una certa soglia, di sbarramento ad OPA, di opzione di riacquisto, di emissione di obbligazioni convertibili in luogo di azioni per il rastrellamento di capitale, ed altre eventualità. Piacciano o non piacciano, queste sono le condizioni di Fininvest, e di Berlusconi, per concludere un affare già definito nei suoi elementi essenziali. Soddisfatte queste condizioni, l'AD di Fininvest è già autorizzato dalla proprietà ad apporre la sua firma sul contratto di compravendita di quote. Evidentemente nel consorzio non c'è accordo sulla accettazione di queste condizioni: Galatioto e Landolphi sono in Italia per risolvere il problema, magando limando qualche "clausola" per renderla meno impegnativa e cogente per il consorzio stesso. Dettagli tecnici che sono tuttavia dentro l'affare, definiti i quali si può procedere. Decisivo è ovviamente Berlusconi come azionista di maggioranza di Fininvest, ma il suo consenso è stato già acquisito laddove Fininvest ha già dato il suo consenso. In queste fattispecie a formazione progressiva, il consenso è "spalmato" in più atti negoziali sui vari punti dell'accordo, e l'accordo quadro che le parti si sono date è che il dissenso su un oggetto blocca il consenso precedentemente dato, ma che non c'è un si definitivo e complessivo sull'affare, da cui possa dipendere l'efficacia degli accordi già raggiunti sui precedenti punti di intesa (non a caso oggetto di specifici memorandum, o verbali, di intesa). Raggiunto l'accordo sugli ultimi punti in sospeso, l'intesa è automaticamente totale e le parti programmano allora la stipulazione. Siamo ormai a pochi metri dal traguardo, ma gli ultimi metri devono comunque essere percorsi: le parti, tutte, sono già piegate sul manubrio per la volata. Attendiamole dunque al traguardo.