Editoriale MW: The Renegade Corner.

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Renegade

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''Domani sogneremo altri traguardi, inventeremo altre sfide. Cercheremo altre vittorie che valgano a realizzare ciò che di buono, di forte, di vero c'è in noi, in tutti noi che abbiamo avuto questa ventura di intrecciare la nostra vita ad un sogno che si chiama Milan.''



Con queste parole una persona aprì il sipario su un delirio di successi. Una persona che ha raccolto il Milan e lo ha portato dove egli stesso, in quel momento, si ritrovava. All'apice. Lo stesso posto dove ci siamo indolenziti e lo stesso che ha causato il torcicollo a molti, che dal basso erano costretti a guardarci. E a farlo tanto a lungo. Così tanto da disegnare un'epopea. Ma è risaputo. Semplicemente si sa: più in alto si è, più in basso si può cadere. E alla fine, la caduta è avvenuta.


Certo, qualsivoglia scivolone ha il suo suolo ad attenderlo. Purtroppo, tutt'oggi, la caduta è libera, accompagnata, susseguita, osservata quasi con inerzia. Ma il tonfo, quello che segna la fine fisica degli eventi, non lo abbiamo ancora udito. Si parla di cessioni, si parla di cinesi, thailandesi, arabi. Chi ne ha più ne metta. Un minestrone di cui per ora possiamo assaporare soltanto l'odore, mentre cerchiamo il domani.


Ed è proprio su quel ''domani'' annunciato 30 anni fa che voglio soffermarmi. Un'epoca in cui si navigava nel fango, impossibilitati a perseguire altre rotte. Un'epoca in cui, un Milan naufrago e quasi naufragato, incontrava il suo ''salvatore'', tra i canti di migliaia di false sirene. La girandola del tempo spinge le lancette ancor più indietro di quanto, oggi, si possa rimpiangere il passato. Ebbene, ciò che occorre è proprio un preponderante ritorno del passato. Solo così si potrà battere un occhio esperto sul domani.


Perché parlare di cordate, progetti, visioni, persegue una facilità latente e quasi fatale. La verità è che nel calcio le parole ''progetto'', ''giovani'', ''pazienza'', nascondono tanto altro. Nascondono forse un volto consapevole di non poter più interagire con certi standard. La storia del Milan ci insegna che si può vincere. E si può farlo subito. Ma ciò che occorre sono volontà e denaro. E forse, ad oggi, nel Milan manca molto di più la prima per poter applicare la seconda. Dopo anni di voci, rincorse, smentite, forse qualcosa si sta muovendo per davvero. Forse, come 30 anni fa, stiamo sopravvivendo in mare aperto, tra tanti richiami, per finire tra le braccia di un nuovo salvatore. Se guidi una piccola nave o un transatlantico, nessuno può dirlo. Ma la verità è che l'equipaggio, la sua storia, la sua sala trofei segnano un peso fin troppo grande per essere trasportati su di un'umile barchetta.


E la verità forse è un prezzo ancor più grande, anche per chi ha il palato fino. La verità ci dice ad oggi che non abbiamo futuro. Ma il futuro che speriamo, forse, non arriverà mai. Perché, ancora, la verità, quella precisa e tangibile, è che l'unico vero salvatore del Milan non ha volto, non è un nuovo stadio, non è un nuovo sponsor, non è l'umiltà delle buone intenzioni col massimo impegno: è il denaro. Perché solo i soldi, ancora una volta, quelli precisi e tangibili, come 30 anni fa, possono salvare quella che, altrimenti, si appresterebbe ad essere una nobile squadra decaduta. L'ennesima.


Il Milan non ha bisogno di progetti futuri in questo momento, quelli sono secondari. Il Milan non ha bisogno di leggere le carte di nuovi progetti stadio. Il Milan non ha bisogno di arricchimenti nella sua sede. E tantomeno ha bisogno di partnership pubblicitarie o calciatorini presi a caso con le solite modalità, con la promessa di un grandioso e radioso sviluppo. L'unica cosa di cui necessita, l'unica medicina in grado di salvargli la vita, sono i grandi investimenti. Perché sentire l'ennesimo medico dire ''Aspettiamo, per ora tamponiamo, fra due o tre anni magari tornerà quello di prima con una terapia a lungo termine'', sarebbe solo l'ennesima presa in giro. L'ennesimo colpo di grazia, una sentenza che alimenterebbe il dolore e renderebbe ancor più difficile e turbolenta l'elaborazione di un lutto inevitabile.


Occorre ricostruire. Ricostruire ciò che ha reso il Milan veramente grande. Occorrono modelli di prestigio che indossino le maglie della prossima stagione, ne vanno bene anche solo tre, uno per reparto, tanto in porta ne abbiamo già uno veramente prestigioso. Accompagnati da altrettanti modelli non così eleganti, ma accettabili e valorosi (Bonaventura?). Chiunque voglia farsi avanti deve esserne consapevole. Deve essere consapevole di rispondere ad una chiamata di pronto soccorso. Perché il Milan è vittima di una malattia terminale, qualcosa che forse, se preso in tempo, può essere anche estirpato. E ad un malato vicino a corrispondere lo status di terminale, è inutile ribadirgli che tra qualche anno avrà una casa nuova (stadio), perché forse per allora non avrà più senso possederla.


Altrimenti, se si vogliono intraprendere strade differenti, se il malato in questione deve andar incontro ad una lenta agonia, se non ci sono i mezzi e le possibilità per farlo ritornare sano, allora che lo si dica. Una volta per tutte. Che la si smetta di paventare obiettivi impossibili. Si dica chiaramente qual è la nostra vera dimensione. Vale per chi, eventualmente debba restare, o per chi, eventualmente, debba arrivare.


Prendere l'aspirina, oggi, non ha più effetto. La salvezza, quella vera e non quella dalla Serie B, passa dal Mercato e dai Soldi. Ora dobbiamo solo aspettare. E io, già da tanto tempo, mi sento come un vedovo che commemora la propria amata, ormai alla fine. E non voglio più esserlo. Vorrei tornare ad emozionarmi quando vedo quei colori, vorrei tornare a divertirmi quando vedo quelle maglie in campo, vorrei assistere a qualcosa per cui valga la pena gioire e soffrire. Vorrei che la mia inerzia, la mia indifferenza, il mio lutto siano spazzati via. Oh sì... come lo vorrei.


Per ora, proprio come dice il famoso detto cinese, aspetto sulla riva del fiume che qualcuno passi. Magari proprio qualche viso dagli occhi a mandorla. Chi può saperlo.
 
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Leggendo la notizia degli editoriali ne immaginavo uno da parte tua esattamente così.Che dire,non si può non condividere circa lo stato d'animo "vedovile" né circa tutto il resto:solo dei gran soldoni possono salvarci,proprio come dici tu.
Quando lasci per un attimo da parte gli infiniti dibattiti in cui ti appassioni e ti dedichi invece alla libera trattazione di un tema offri piacevolissime letture,e riesci addirittura a trovarmi concorde.
Chapeau. ;)
 
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Leggendo la notizia degli editoriali ne immaginavo uno da parte tua esattamente così.Che dire,non si può non condividere circa lo stato d'animo "vedovile" né circa tutto il resto:solo dei gran soldoni possono salvarci,proprio come dici tu.
Quando lasci per un attimo da parte gli infiniti dibattiti in cui ti appassioni e ti dedichi invece alla libera trattazione di un tema offri piacevolissime letture,e riesci addirittura a trovarmi concorde.
Chapeau. ;)

Mi conosci troppo bene o troppo prevedibile io? Comunque, al di là di ogni concetto, ci tenevo precisamente a ribadirne uno che troppo spesso è ignorato, un po' per ingenuità, un po' per benevolenza: la proprietà, nuova o vecchia che sia, se vuole salvare il Milan deve farlo con investimenti pesanti sul mercato e con i soldi. Tutto il resto è secondario e il paventare progetti a lungo termine ormai non è più credibile, anche perché ad oggi non ci servono. Sentire ancora ''bisogna aspettare un paio d'anni, dobbiamo aspettare lo stadio del 2020, etc'' sono cose che non stanno più in piedi. Altrimenti si dica chiaramente che si vuole puntare a vivacchiare tra l'ottavo ed il 15esimo posto ogni anno, così ci si mette l'anima in pace.

L'unica cosa che conta sono i soldi e il mercato. Punto.
 

Sherlocked

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Ciao, bello come editoriale, ma non ho capito alcune cose:

1) In che senso aspetti che passa qualcuno con gli occhi a mandorla ? Speri che muoiano potenziali investitori, quindi hai risentimento, oppure ho inteso male io il senso della frase ?

2) Non ho capito bene una delle prime frasi, quando dici "osservare con inerzia". Cioè ?
 
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Ciao, bello come editoriale, ma non ho capito alcune cose:

1) In che senso aspetti che passa qualcuno con gli occhi a mandorla ? Speri che muoiano potenziali investitori, quindi hai risentimento, oppure ho inteso male io il senso della frase ?

2) Non ho capito bene una delle prime frasi, quando dici "osservare con inerzia". Cioè ?

1) Hai inteso tu male il senso della frase. Ho semplicemente riadattato il detto, positivamente. Il mio aspettare che qualcuno passi con gli occhi a mandorla è augurarmi che quanto si è detto sugli investitori cinesi è vero.

2) Osservare con inerzia (pigrizia, indifferenza). E' ciò che la società prova nei confronti del Milan. Difatti c'è inerzia, va tutto bene, non c'è niente in cui intervenire.


Per il resto...Vorrei sentire il parere degli altri sui grossi investimenti.
 
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I grandi investimenti passano attraverso il cambio di proprietà(Non è detto comunque che parta con un mercato in pompa magna).
Onestamente non sono molto fiducioso al riguardo(Quanto vorrei sbagliarmi!).
Mi sembra comunque evidente che siano necessari per poter ripartire, è attraverso quei 2/3 campioni che poi si costruisce un nucleo valido(e non il contrario).
E questo penso sia risultato evidente dopo la campagna svendita dell'estate 2012.
Aspettiamo sulla riva del fiume, sperando che i Cinesi non passino cadavere.
 
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I grandi investimenti passano attraverso il cambio di proprietà(Non è detto comunque che parta con un mercato in pompa magna).
Onestamente non sono molto fiducioso al riguardo(Quanto vorrei sbagliarmi!).
Mi sembra comunque evidente che siano necessari per poter ripartire, è attraverso quei 2/3 campioni che poi si costruisce un nucleo valido(e non il contrario).
E questo penso sia risultato evidente dopo la campagna svendita dell'estate 2012.
Aspettiamo sulla riva del fiume, sperando che i Cinesi non passino cadavere.

Esattamente. Fortunatamente in molti l'abbiamo capito. Ciò che intendevo trasmettere è che è inutile che il prossimo anno la vecchia o la nuova proprietà si presentino con ''Abbiamo un nuovo progetto, in tre anni ritorneremo competitivi, ci sarà lo stadio nel 2020''. Sono cose già sentite e totalmente inutili al fine dei risultati sportivi, che non fanno che alimentare la confusione e lo sconforto. Sanno tanto di presa in giro. Ci vogliono i fatti e i soldi. Sono le sole cose che possono salvare il Milan. O arrivano i campioni, quelli veri, o non potremo mai ripartire.
 

Mou

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''Domani sogneremo altri traguardi, inventeremo altre sfide. Cercheremo altre vittorie che valgano a realizzare ciò che di buono, di forte, di vero c'è in noi, in tutti noi che abbiamo avuto questa ventura di intrecciare la nostra vita ad un sogno che si chiama Milan.''



Con queste parole una persona aprì il sipario su un delirio di successi. Una persona che ha raccolto il Milan e lo ha portato dove egli stesso, in quel momento, si ritrovava. All'apice. Lo stesso posto dove ci siamo indolenziti e lo stesso che ha causato il torcicollo a molti, che dal basso erano costretti a guardarci. E a farlo tanto a lungo. Così tanto da disegnare un'epopea. Ma è risaputo. Semplicemente si sa: più in alto si è, più in basso si può cadere. E alla fine, la caduta è avvenuta.


Certo, qualsivoglia scivolone ha il suo suolo ad attenderlo. Purtroppo, tutt'oggi, la caduta è libera, accompagnata, susseguita, osservata quasi con inerzia. Ma il tonfo, quello che segna la fine fisica degli eventi, non lo abbiamo ancora udito. Si parla di cessioni, si parla di cinesi, thailandesi, arabi. Chi ne ha più ne metta. Un minestrone di cui per ora possiamo assaporare soltanto l'odore, mentre cerchiamo il domani.


Ed è proprio su quel ''domani'' annunciato 30 anni fa che voglio soffermarmi. Un'epoca in cui si navigava nel fango, impossibilitati a perseguire altre rotte. Un'epoca in cui, un Milan naufrago e quasi naufragato, incontrava il suo ''salvatore'', tra i canti di migliaia di false sirene. La girandola del tempo spinge le lancette ancor più indietro di quanto, oggi, si possa rimpiangere il passato. Ebbene, ciò che occorre è proprio un preponderante ritorno del passato. Solo così si potrà battere un occhio esperto sul domani.


Perché parlare di cordate, progetti, visioni, persegue una facilità latente e quasi fatale. La verità è che nel calcio le parole ''progetto'', ''giovani'', ''pazienza'', nascondono tanto altro. Nascondono forse un volto consapevole di non poter più interagire con certi standard. La storia del Milan ci insegna che si può vincere. E si può farlo subito. Ma ciò che occorre sono volontà e denaro. E forse, ad oggi, nel Milan manca molto di più la prima per poter applicare la seconda. Dopo anni di voci, rincorse, smentite, forse qualcosa si sta muovendo per davvero. Forse, come 30 anni fa, stiamo sopravvivendo in mare aperto, tra tanti richiami, per finire tra le braccia di un nuovo salvatore. Se guidi una piccola nave o un transatlantico, nessuno può dirlo. Ma la verità è che l'equipaggio, la sua storia, la sua sala trofei segnano un peso fin troppo grande per essere trasportati su di un'umile barchetta.


E la verità forse è un prezzo ancor più grande, anche per chi ha il palato fino. La verità ci dice ad oggi che non abbiamo futuro. Ma il futuro che speriamo, forse, non arriverà mai. Perché, ancora, la verità, quella precisa e tangibile, è che l'unico vero salvatore del Milan non ha volto, non è un nuovo stadio, non è un nuovo sponsor, non è l'umiltà delle buone intenzioni col massimo impegno: è il denaro. Perché solo i soldi, ancora una volta, quelli precisi e tangibili, come 30 anni fa, possono salvare quella che, altrimenti, si appresterebbe ad essere una nobile squadra decaduta. L'ennesima.


Il Milan non ha bisogno di progetti futuri in questo momento, quelli sono secondari. Il Milan non ha bisogno di leggere le carte di nuovi progetti stadio. Il Milan non ha bisogno di arricchimenti nella sua sede. E tantomeno ha bisogno di partnership pubblicitarie o calciatorini presi a caso con le solite modalità, con la promessa di un grandioso e radioso sviluppo. L'unica cosa di cui necessita, l'unica medicina in grado di salvargli la vita, sono i grandi investimenti. Perché sentire l'ennesimo medico dire ''Aspettiamo, per ora tamponiamo, fra due o tre anni magari tornerà quello di prima con una terapia a lungo termine'', sarebbe solo l'ennesima presa in giro. L'ennesimo colpo di grazia, una sentenza che alimenterebbe il dolore e renderebbe ancor più difficile e turbolenta l'elaborazione di un lutto inevitabile.


Occorre ricostruire. Ricostruire ciò che ha reso il Milan veramente grande. Occorrono modelli di prestigio che indossino le maglie della prossima stagione, ne vanno bene anche solo tre, uno per reparto, tanto in porta ne abbiamo già uno veramente prestigioso. Accompagnati da altrettanti modelli non così eleganti, ma accettabili e valorosi (Bonaventura?). Chiunque voglia farsi avanti deve esserne consapevole. Deve essere consapevole di rispondere ad una chiamata di pronto soccorso. Perché il Milan è vittima di una malattia terminale, qualcosa che forse, se preso in tempo, può essere anche estirpato. E ad un malato vicino a corrispondere lo status di terminale, è inutile ribadirgli che tra qualche anno avrà una casa nuova (stadio), perché forse per allora non avrà più senso possederla.


Altrimenti, se si vogliono intraprendere strade differenti, se il malato in questione deve andar incontro ad una lenta agonia, se non ci sono i mezzi e le possibilità per farlo ritornare sano, allora che lo si dica. Una volta per tutte. Che la si smetta di paventare obiettivi impossibili. Si dica chiaramente qual è la nostra vera dimensione. Vale per chi, eventualmente debba restare, o per chi, eventualmente, debba arrivare.


Prendere l'aspirina, oggi, non ha più effetto. La salvezza, quella vera e non quella dalla Serie B, passa dal Mercato e dai Soldi. Ora dobbiamo solo aspettare. E io, già da tanto tempo, mi sento come un vedovo che commemora la propria amata, ormai alla fine. E non voglio più esserlo. Vorrei tornare ad emozionarmi quando vedo quei colori, vorrei tornare a divertirmi quando vedo quelle maglie in campo, vorrei assistere a qualcosa per cui valga la pena gioire e soffrire. Vorrei che la mia inerzia, la mia indifferenza, il mio lutto siano spazzati via. Oh sì... come lo vorrei.


Per ora, proprio come dice il famoso detto cinese, aspetto sulla riva del fiume che qualcuno passi. Magari proprio qualche viso dagli occhi a mandorla. Chi può saperlo.

Mi piace molto il messaggio di fondo di questo editoriale. L'ho interpretato così: le parole "progetto", "partnership", "giovani" sono solo dei mantelli per coprire una incontrovertibile verità di fondo: al momento non si vuole investire, quindi vi gettiamo fumo negli occhi mentre continuiamo a perdere.
È così: chi vuole vincere, lo fa subito. Non esistono progetti con vittorie fra 10 anni, ma fra dodici mesi massimo. Da tifosi di una squadra avversaria, a me il Milan dà una impressione di placida rassegnazione. Tutti, a partire dai piani alti, negano l'evidenza di una squadra blasonata che sta affondando in zone di classifica che non le competono per tradizione. E invece di vedere il fuoco negli occhi dei dirigenti, li vedo far finta di niente, capitanati da Inzaghi che nega l'evidenza e porta avanti una dittatura del sorriso.
La salvezza passa per i capitali dall'Oriente, con questa società non c'è futuro.
 
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Mi piace molto il messaggio di fondo di questo editoriale. L'ho interpretato così: le parole "progetto", "partnership", "giovani" sono solo dei mantelli per coprire una incontrovertibile verità di fondo: al momento non si vuole investire, quindi vi gettiamo fumo negli occhi mentre continuiamo a perdere.
È così: chi vuole vincere, lo fa subito. Non esistono progetti con vittorie fra 10 anni, ma fra dodici mesi massimo. Da tifosi di una squadra avversaria, a me il Milan dà una impressione di placida rassegnazione. Tutti, a partire dai piani alti, negano l'evidenza di una squadra blasonata che sta affondando in zone di classifica che non le competono per tradizione. E invece di vedere il fuoco negli occhi dei dirigenti, li vedo far finta di niente, capitanati da Inzaghi che nega l'evidenza e porta avanti una dittatura del sorriso.
La salvezza passa per i capitali dall'Oriente, con questa società non c'è futuro.

Esattamente, da juventino hai capito certi aspetti che il 70 % di milanisti non comprendono e vanno avanti a venerare questa società di falliti. Suma docet
 

mr.wolf

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Il Milan non ha bisogno di progetti futuri in questo momento, quelli sono secondari. Il Milan non ha bisogno di leggere le carte di nuovi progetti stadio. Il Milan non ha bisogno di arricchimenti nella sua sede. E tantomeno ha bisogno di partnership pubblicitarie o calciatorini presi a caso con le solite modalità, con la promessa di un grandioso e radioso sviluppo. L'unica cosa di cui necessita, l'unica medicina in grado di salvargli la vita, sono i grandi investimenti. Perché sentire l'ennesimo medico dire ''Aspettiamo, per ora tamponiamo, fra due o tre anni magari tornerà quello di prima con una terapia a lungo termine'', sarebbe solo l'ennesima presa in giro. L'ennesimo colpo di grazia, una sentenza che alimenterebbe il dolore e renderebbe ancor più difficile e turbolenta l'elaborazione di un lutto inevitabile.
Il progetto è legato ai grandi investimenti se si vuole tornare a vincere,le due cose sono ancora più collegate se c'è necessità di risultati a breve termine.
Spendere soldi non dà garanzia di vittoria (non cito l'inter perchè poi bisognerebbe tornare su calciopoli),basta vedere squadre come M.City e Psg che hanno speso fantastilioni di euro per vincere qualche campionato e qualche coppetta,lo stesso M.United dopo un mercato estivo molto costoso non ha combinato quasi niente.
Parlare di progetto non significa per forza dover aspettare,basta avere la disponibilità economica per realizzarlo in tempi brevi e le persone giuste per poterlo fare in maniera seria.
 
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