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Cristante, intervistato dalla Gazzetta dello Sport in edicola, sul Milan"A Gattuso posso solo dire grazie. Pure al Milan, dai: mi ha pre*ferito giocatori già pronti, il mio agente e Galliani si sono fatti delle gran litigate, ma anche se altrove, mi ha lasciato libero di crescere. Come Rino, lui a modo suo: mai visto mollare un centimetro in allenamento, risparmiarmi un cazziatone o belle parole. Solo per me – “lavora, fai una corsa in più” – o per tutto il gruppo: quante volte ci riuniva e parlava per tenerci tutti sul pezzo. In quello era già allora allenatore e ritrovarlo oggi su quella panchina un po’ mi fa strano. Ma è il bello del calcio: prima non si sa mai chi vince, e non dipende per forza dai soldi. Dopo l’esordio in Champions a 16 anni dissero che ero un predestinato, sì. E mi chiedevo: sì, ma destinato a cosa? Mai data troppa importanza a certe parole: supertitolare al Milan e brocco a Palermo, la chiave è ascoltare solo chi scegli tu e che parli da “dentro”, non da fuori. Il sabato prima di Praga avevo giocato con la Primavera, arriva Dolcetti serissimo: “Vai a Milanello, c’è da preparare la gara di Champions”. Io penso: rifinitura e a casa. Invece il team manager Mentana mi dà il foglio dei convocati: vicino al mio nome c’è una «x». In pullman e sull’aereo non sapevo neanche dove sedermi e mi ritrovai seduto in panchina: arrivò di nuovo Mentana – “Scaldati” – e iniziò a bollirmi la testa. Allegri mi dice “Ti metto dentro, stai tranquillo” , Ibra era seduto accanto a me e mi fa “Sarà facile, sereno”. Facile? Un cavolo: ero stordito, non sentivo più cosa mi dicevano. Iniziai a correre più veloce possibile dove vedevo la palla. Anzi, dove capitava".