Questa situazione è complessa e contemporaneamente frutto chiaro dell'attuale malcostume.
Evidenzio le criticità:
1) Salvini opera in autonomia, come ministro dell'interno. Non esiste e non è esistito alcun consiglio dei Ministri per prendere decisioni sulla nave, con buona pace degli altri Ministri. Pertanto siamo davanti ad un atto preso non da un governo ma da un singolo ministro. La nostra Costituzione non gradisce, essendoci precise consuetudini costituzionali. Ma purtroppo le cose fatte da questa alleanza sono spesso frutto di ignoranza sulle procedure, benché non so se sia una situazione che permette scuse di tal natura.
2) Il sistema giudiziario italiano che interviene nella politica, come del resto è giusto che sia in caso di violazioni. Siamo tuttavia in un campo minato. Si interviene su Salvini perché ha operato da solo e non a nome del governo (manca la delibera in consiglio dei ministri). Ma gli altri politici si uniscono a lui riconoscendosi colpevoli del presunto reato. Ergo, in ambito penale, viene meno il problema relativo a se abbia agito uno o se sia responsabile il governo, ma siamo dentro un processo difficilissimo da eseguire. Buon senso ed economia processuale dicono che non è su questi casi che si dovrebbe intervenire. Del resto, c'è il solito problema del tempismo giudiziario che è palesemente piegato ora a questo ora a quell'interesse.
3) terzo aspetto da considerare è l'utilizzo della piattaforma online sul voto. Di fatto i 5 stelle hanno sempre sostenuto di essere contrari a qualsivoglia immunità. Fare un sondaggio sul caso diciotti già di suo va contro ai principi del partito, consentendo ad un esiguo numero di votanti (cinquantamila sono una percentuale bassissima) di decidere se andare contro uno dei segni distintivi, da sempre, del movimento. Ma il problema non è neanche il "lavarsene le mani", quando l'anomalia sulla realizzazione del quesito (palesemente forzata per tentare di far cadere i meno attenti) seguita dal totale pregiudizio sull'eseguire un referendum, nazionale, sulla TAV. Di fatto è Di Maio che determina quando è giusto o meno sentire il popolo, a sua discrezione e comodità.
In questo contesto, sentire che è stata difesa la democrazia fa sorridere. Perché l'unica cosa democratica accaduta è aver sentito cinquantamila iscritti ad uno specifico partito politico circa la necessità o meno di un processo. E definire democratica questa decisione, per i suoi limiti numerici, ideologici e di sistema, è una forzatura. Siamo piuttosto innanzi, e lo siamo da un pezzo, ad un sistema che la democrazia ha smesso di sapere cosa sia....