Abatantuono:"Resto tifoso del Milan ma oggi solo bilanci".

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Intervista di Diego Abatantuono al CorSera in edicola oggi, 2 luglio, dopo le parole che tanto hanno fatto discutere (QUI http://www.milanworld.net/abatantuono-basta-milan-ora-tifo-atalanta-vt78323.html ). Ecco le nuove dichiarazioni:

A lei la parola Diego: cos’era la sua? Battuta, provocazione, amara constatazione sul calcio.
«Non mi piace dire “è una provocazione”, è un calcio d’angolo con cui si salvano quelli che si pentono di aver detto qualcosa. Mi hanno telefonato, ho detto quello che penso. Anche se due cose non si cambiano: i figli e la squadra di calcio».

Parliamo della squadra.
«Il cuore è milanista, ma tutto nasce da lì, dal cuore. Il calcio è fatto di tifosi, persone oneste che pagano il biglietto. Poi c’era il cuore del presidente, uno che metteva nella squadra impegno, tempo, denaro, perché prima non faceva quel mestiere lì, nessuno nasce presidente di calcio. Era un appassionato. Poi di colpo cambia tutto: i presidenti diventano investitori, il calcio un business senza regole».

Senza regole, dice?
«Il calcio è un mondo ottuso, prenda l’ultima partita del Mondiale femminile giocata alle tre del pomeriggio. Il mondo si surriscalda, oltre a non parlarne a sufficienza, si gioca a 40°!».

Torniamo all’evoluzione del calcio.
«Di colpo i presidenti diventano imprenditori».

È grave?
«No, magari fanno contenta una città, ma ci guadagnano anche loro, va bene. Almeno, ci sono delle facce: uno può dire mi piace Preziosi, mi piace Pozzo. Poi ci sono imprenditori che sottraggono tempo ai loro affari, come De Laurentiis, che ha preso Ancelotti, si capisce che ci tiene; c’è Cairo, c’è la Juventus, c’è l’Inter, che anche se ha un presidente che sta in Cina ha preso Marotta e un allenatore tra i più bravi. Ma se il Milan viene acquistato da un fondo... non è una persona, è una banca. Quelli che ci lavorano, da Gazidis a Maldini, sono tutte brave persone, però lavorano per qualcuno che non c’è, una banca non ha un cuore, ha dei conti. Poi un giorno salta fuori: ah, meno male che ci hanno squalificato dalle Coppe...».

Lei ci è rimasto male.
«Leggere che bello siamo fuori dalle Coppe, oh bene che diamo via il portiere, oh bene che diamo via Cutrone. Ma come? Non è bello per niente. Io sono tifoso e ci rimango male. È chiaro che resto milanista, se giocano Milan-Atalanta tengo per il Milan, ma di fronte non ho più il Milan che conosco io».

Perché ha scelto l’Atalanta?
«È la squadra che più assomiglia al calcio che piaceva a me: una dirigenza di persone di qualità, che crede nei giovani; tengono un allenatore tra i migliori, cambiano i calciatori, ma il gioco resta lo stesso: al mercoledì vedrò l’Atalanta in tv, almeno ho qualcosa da fare. E poi non posso certo diventare interista anche se l’80% dei miei amici è interista e quest’anno l’Inter sarà una grande squadra, né della Juve, anche se ovunque trovi juventini. Il Napoli? Visto il mio lavoro qualcuno potrebbe pensare a un conflitto di interessi. L’Atalanta è come una squadra di una volta».

Mentre il Milan in mano a un fondo è l’ultima evoluzione del calcio-business.
«Non ho mai visto uno con le bandiere in banca, in banca vai con le cambiali, con gli assegni. Se sono una banca devo fare gli interessi degli azionisti. Ma guadagnarci e fare il bene della squadra non è detto vadano in parallelo. Soprattutto non puoi dirmi: meno male che vendo Cutrone. La gente fa finta di aver capito. Il fair play finanziario per esempio…».

Un meccanismo perverso...
«Si capisce solo che quando vogliono fanno quello che vogliono. Se ho cinque giocatori del vivaio, li scambio a un valore altissimo con altri di una squadra che ha anche lei bisogno...».

Si chiamano plusvalenze.
«Si vede che va bene così, potevo star zitto, ma io parlo per i tifosi. Io vorrei vedere gente che la domenica piange perché ha perso, non perché sono venuti in pochi allo stadio».

Con chi ce l'ha?
«Con nessuno, è il meccanismo che è esasperato, è una bolla che rischia di scoppiare. Prenda le maglie: il tifoso deve vedere la sua squadra vestita come al Carnevale di Venezia o al Palio di Siena perché spera che entreranno più soldi. Che si divideranno altri».

Anche i tifosi al bar ormai parlano di plusvalenze, ammortamenti, bilanci…
«Parlano in prima persona: “Se ci danno 50 milioni, ne possiamo spendere solo 20, ci restano…” ma a te non resta niente, non te li danno a te i soldi. Mi dessero un prosciutto crudo... Se prima vedo un giocatore e mi diverto e poi lo danno via e ci sono in banca 30 milioni in più, io cosa faccio? Io mica vado in banca, voglio andare allo stadio. Noi al Milan abbiamo avuto un presidente che aveva tifo, possibilità, voglia di vincere, anche interessi personali, e tutto è combaciato. Adesso si parla solo di bilanci. Prenda la Roma».

Prendiamola.
«Se fossi della Roma non sarei tanto contento, sono passati 20 giocatori tra i migliori del mondo e li hanno ceduti tutti. Cosa fa un tifoso della Roma? Guarda i bilanci? Prima c’era l’album delle figurine adesso compro quello dei bilanci?».

Diciamolo alla Panini
«Perché non fa l’album con tutti i bilanci? Oh mi è arrivato il bilancio della Fiorentina, attacca, attacca. Il bilancione del mese. Metto la foto del ragioniere, del commercialista. Poi c’è il campione del mondo dei ragionieri, quelli che hanno guadagnato di più quest’anno. Ti do il ragioniere del Vicenza se mi dai quello della banca del Novara».

È un'idea.
«Non è un’idea, è obbligatorio, anche perché il calciatore non faccio in tempo ad attaccarlo che me l’hanno dato via. Non ci resta che sperare di tornare al calcio di una volta, e comunque il mio cuore resta rossonero».
 

Ka-Pa-Ro

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Intervista di Diego Abatantuono al CorSera in edicola oggi, 2 luglio, dopo le parole che tanto hanno fatto discutere (QUI http://www.milanworld.net/abatantuono-basta-milan-ora-tifo-atalanta-vt78323.html ). Ecco le nuove dichiarazioni:

A lei la parola Diego: cos’era la sua? Battuta, provocazione, amara constatazione sul calcio.
«Non mi piace dire “è una provocazione”, è un calcio d’angolo con cui si salvano quelli che si pentono di aver detto qualcosa. Mi hanno telefonato, ho detto quello che penso. Anche se due cose non si cambiano: i figli e la squadra di calcio».

Parliamo della squadra.
«Il cuore è milanista, ma tutto nasce da lì, dal cuore. Il calcio è fatto di tifosi, persone oneste che pagano il biglietto. Poi c’era il cuore del presidente, uno che metteva nella squadra impegno, tempo, denaro, perché prima non faceva quel mestiere lì, nessuno nasce presidente di calcio. Era un appassionato. Poi di colpo cambia tutto: i presidenti diventano investitori, il calcio un business senza regole».

Senza regole, dice?
«Il calcio è un mondo ottuso, prenda l’ultima partita del Mondiale femminile giocata alle tre del pomeriggio. Il mondo si surriscalda, oltre a non parlarne a sufficienza, si gioca a 40°!».

Torniamo all’evoluzione del calcio.
«Di colpo i presidenti diventano imprenditori».

È grave?
«No, magari fanno contenta una città, ma ci guadagnano anche loro, va bene. Almeno, ci sono delle facce: uno può dire mi piace Preziosi, mi piace Pozzo. Poi ci sono imprenditori che sottraggono tempo ai loro affari, come De Laurentiis, che ha preso Ancelotti, si capisce che ci tiene; c’è Cairo, c’è la Juventus, c’è l’Inter, che anche se ha un presidente che sta in Cina ha preso Marotta e un allenatore tra i più bravi. Ma se il Milan viene acquistato da un fondo... non è una persona, è una banca. Quelli che ci lavorano, da Gazidis a Maldini, sono tutte brave persone, però lavorano per qualcuno che non c’è, una banca non ha un cuore, ha dei conti. Poi un giorno salta fuori: ah, meno male che ci hanno squalificato dalle Coppe...».

Lei ci è rimasto male.
«Leggere che bello siamo fuori dalle Coppe, oh bene che diamo via il portiere, oh bene che diamo via Cutrone. Ma come? Non è bello per niente. Io sono tifoso e ci rimango male. È chiaro che resto milanista, se giocano Milan-Atalanta tengo per il Milan, ma di fronte non ho più il Milan che conosco io».

Perché ha scelto l’Atalanta?
«È la squadra che più assomiglia al calcio che piaceva a me: una dirigenza di persone di qualità, che crede nei giovani; tengono un allenatore tra i migliori, cambiano i calciatori, ma il gioco resta lo stesso: al mercoledì vedrò l’Atalanta in tv, almeno ho qualcosa da fare. E poi non posso certo diventare interista anche se l’80% dei miei amici è interista e quest’anno l’Inter sarà una grande squadra, né della Juve, anche se ovunque trovi juventini. Il Napoli? Visto il mio lavoro qualcuno potrebbe pensare a un conflitto di interessi. L’Atalanta è come una squadra di una volta».

Mentre il Milan in mano a un fondo è l’ultima evoluzione del calcio-business.
«Non ho mai visto uno con le bandiere in banca, in banca vai con le cambiali, con gli assegni. Se sono una banca devo fare gli interessi degli azionisti. Ma guadagnarci e fare il bene della squadra non è detto vadano in parallelo. Soprattutto non puoi dirmi: meno male che vendo Cutrone. La gente fa finta di aver capito. Il fair play finanziario per esempio…».

Un meccanismo perverso...
«Si capisce solo che quando vogliono fanno quello che vogliono. Se ho cinque giocatori del vivaio, li scambio a un valore altissimo con altri di una squadra che ha anche lei bisogno...».

Si chiamano plusvalenze.
«Si vede che va bene così, potevo star zitto, ma io parlo per i tifosi. Io vorrei vedere gente che la domenica piange perché ha perso, non perché sono venuti in pochi allo stadio».

Con chi ce l'ha?
«Con nessuno, è il meccanismo che è esasperato, è una bolla che rischia di scoppiare. Prenda le maglie: il tifoso deve vedere la sua squadra vestita come al Carnevale di Venezia o al Palio di Siena perché spera che entreranno più soldi. Che si divideranno altri».

Anche i tifosi al bar ormai parlano di plusvalenze, ammortamenti, bilanci…
«Parlano in prima persona: “Se ci danno 50 milioni, ne possiamo spendere solo 20, ci restano…” ma a te non resta niente, non te li danno a te i soldi. Mi dessero un prosciutto crudo... Se prima vedo un giocatore e mi diverto e poi lo danno via e ci sono in banca 30 milioni in più, io cosa faccio? Io mica vado in banca, voglio andare allo stadio. Noi al Milan abbiamo avuto un presidente che aveva tifo, possibilità, voglia di vincere, anche interessi personali, e tutto è combaciato. Adesso si parla solo di bilanci. Prenda la Roma».

Prendiamola.
«Se fossi della Roma non sarei tanto contento, sono passati 20 giocatori tra i migliori del mondo e li hanno ceduti tutti. Cosa fa un tifoso della Roma? Guarda i bilanci? Prima c’era l’album delle figurine adesso compro quello dei bilanci?».

Diciamolo alla Panini
«Perché non fa l’album con tutti i bilanci? Oh mi è arrivato il bilancio della Fiorentina, attacca, attacca. Il bilancione del mese. Metto la foto del ragioniere, del commercialista. Poi c’è il campione del mondo dei ragionieri, quelli che hanno guadagnato di più quest’anno. Ti do il ragioniere del Vicenza se mi dai quello della banca del Novara».

È un'idea.
«Non è un’idea, è obbligatorio, anche perché il calciatore non faccio in tempo ad attaccarlo che me l’hanno dato via. Non ci resta che sperare di tornare al calcio di una volta, e comunque il mio cuore resta rossonero».

Il mondo va avanti, vale per tutte le squadre, non è questione di Milan o di Inter, qualsiasi proprietà ha interessi economici. Facile parlare con i soldi degli altri, che la compri abatantuono la squadra e butti tutti i soldi che vuole mah.
 

Djici

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Intervista di Diego Abatantuono al CorSera in edicola oggi, 2 luglio, dopo le parole che tanto hanno fatto discutere (QUI http://www.milanworld.net/abatantuono-basta-milan-ora-tifo-atalanta-vt78323.html ). Ecco le nuove dichiarazioni:

A lei la parola Diego: cos’era la sua? Battuta, provocazione, amara constatazione sul calcio.
«Non mi piace dire “è una provocazione”, è un calcio d’angolo con cui si salvano quelli che si pentono di aver detto qualcosa. Mi hanno telefonato, ho detto quello che penso. Anche se due cose non si cambiano: i figli e la squadra di calcio».

Parliamo della squadra.
«Il cuore è milanista, ma tutto nasce da lì, dal cuore. Il calcio è fatto di tifosi, persone oneste che pagano il biglietto. Poi c’era il cuore del presidente, uno che metteva nella squadra impegno, tempo, denaro, perché prima non faceva quel mestiere lì, nessuno nasce presidente di calcio. Era un appassionato. Poi di colpo cambia tutto: i presidenti diventano investitori, il calcio un business senza regole».

Senza regole, dice?
«Il calcio è un mondo ottuso, prenda l’ultima partita del Mondiale femminile giocata alle tre del pomeriggio. Il mondo si surriscalda, oltre a non parlarne a sufficienza, si gioca a 40°!».

Torniamo all’evoluzione del calcio.
«Di colpo i presidenti diventano imprenditori».

È grave?
«No, magari fanno contenta una città, ma ci guadagnano anche loro, va bene. Almeno, ci sono delle facce: uno può dire mi piace Preziosi, mi piace Pozzo. Poi ci sono imprenditori che sottraggono tempo ai loro affari, come De Laurentiis, che ha preso Ancelotti, si capisce che ci tiene; c’è Cairo, c’è la Juventus, c’è l’Inter, che anche se ha un presidente che sta in Cina ha preso Marotta e un allenatore tra i più bravi. Ma se il Milan viene acquistato da un fondo... non è una persona, è una banca. Quelli che ci lavorano, da Gazidis a Maldini, sono tutte brave persone, però lavorano per qualcuno che non c’è, una banca non ha un cuore, ha dei conti. Poi un giorno salta fuori: ah, meno male che ci hanno squalificato dalle Coppe...».

Lei ci è rimasto male.
«Leggere che bello siamo fuori dalle Coppe, oh bene che diamo via il portiere, oh bene che diamo via Cutrone. Ma come? Non è bello per niente. Io sono tifoso e ci rimango male. È chiaro che resto milanista, se giocano Milan-Atalanta tengo per il Milan, ma di fronte non ho più il Milan che conosco io».

Perché ha scelto l’Atalanta?
«È la squadra che più assomiglia al calcio che piaceva a me: una dirigenza di persone di qualità, che crede nei giovani; tengono un allenatore tra i migliori, cambiano i calciatori, ma il gioco resta lo stesso: al mercoledì vedrò l’Atalanta in tv, almeno ho qualcosa da fare. E poi non posso certo diventare interista anche se l’80% dei miei amici è interista e quest’anno l’Inter sarà una grande squadra, né della Juve, anche se ovunque trovi juventini. Il Napoli? Visto il mio lavoro qualcuno potrebbe pensare a un conflitto di interessi. L’Atalanta è come una squadra di una volta».

Mentre il Milan in mano a un fondo è l’ultima evoluzione del calcio-business.
«Non ho mai visto uno con le bandiere in banca, in banca vai con le cambiali, con gli assegni. Se sono una banca devo fare gli interessi degli azionisti. Ma guadagnarci e fare il bene della squadra non è detto vadano in parallelo. Soprattutto non puoi dirmi: meno male che vendo Cutrone. La gente fa finta di aver capito. Il fair play finanziario per esempio…».

Un meccanismo perverso...
«Si capisce solo che quando vogliono fanno quello che vogliono. Se ho cinque giocatori del vivaio, li scambio a un valore altissimo con altri di una squadra che ha anche lei bisogno...».

Si chiamano plusvalenze.
«Si vede che va bene così, potevo star zitto, ma io parlo per i tifosi. Io vorrei vedere gente che la domenica piange perché ha perso, non perché sono venuti in pochi allo stadio».

Con chi ce l'ha?
«Con nessuno, è il meccanismo che è esasperato, è una bolla che rischia di scoppiare. Prenda le maglie: il tifoso deve vedere la sua squadra vestita come al Carnevale di Venezia o al Palio di Siena perché spera che entreranno più soldi. Che si divideranno altri».

Anche i tifosi al bar ormai parlano di plusvalenze, ammortamenti, bilanci…
«Parlano in prima persona: “Se ci danno 50 milioni, ne possiamo spendere solo 20, ci restano…” ma a te non resta niente, non te li danno a te i soldi. Mi dessero un prosciutto crudo... Se prima vedo un giocatore e mi diverto e poi lo danno via e ci sono in banca 30 milioni in più, io cosa faccio? Io mica vado in banca, voglio andare allo stadio. Noi al Milan abbiamo avuto un presidente che aveva tifo, possibilità, voglia di vincere, anche interessi personali, e tutto è combaciato. Adesso si parla solo di bilanci. Prenda la Roma».

Prendiamola.
«Se fossi della Roma non sarei tanto contento, sono passati 20 giocatori tra i migliori del mondo e li hanno ceduti tutti. Cosa fa un tifoso della Roma? Guarda i bilanci? Prima c’era l’album delle figurine adesso compro quello dei bilanci?».

Diciamolo alla Panini
«Perché non fa l’album con tutti i bilanci? Oh mi è arrivato il bilancio della Fiorentina, attacca, attacca. Il bilancione del mese. Metto la foto del ragioniere, del commercialista. Poi c’è il campione del mondo dei ragionieri, quelli che hanno guadagnato di più quest’anno. Ti do il ragioniere del Vicenza se mi dai quello della banca del Novara».

È un'idea.
«Non è un’idea, è obbligatorio, anche perché il calciatore non faccio in tempo ad attaccarlo che me l’hanno dato via. Non ci resta che sperare di tornare al calcio di una volta, e comunque il mio cuore resta rossonero».

Quoto ogni singola parola.
 

shevchampions

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Intervista di Diego Abatantuono al CorSera in edicola oggi, 2 luglio, dopo le parole che tanto hanno fatto discutere (QUI http://www.milanworld.net/abatantuono-basta-milan-ora-tifo-atalanta-vt78323.html ). Ecco le nuove dichiarazioni:

A lei la parola Diego: cos’era la sua? Battuta, provocazione, amara constatazione sul calcio.
«Non mi piace dire “è una provocazione”, è un calcio d’angolo con cui si salvano quelli che si pentono di aver detto qualcosa. Mi hanno telefonato, ho detto quello che penso. Anche se due cose non si cambiano: i figli e la squadra di calcio».

Parliamo della squadra.
«Il cuore è milanista, ma tutto nasce da lì, dal cuore. Il calcio è fatto di tifosi, persone oneste che pagano il biglietto. Poi c’era il cuore del presidente, uno che metteva nella squadra impegno, tempo, denaro, perché prima non faceva quel mestiere lì, nessuno nasce presidente di calcio. Era un appassionato. Poi di colpo cambia tutto: i presidenti diventano investitori, il calcio un business senza regole».

Senza regole, dice?
«Il calcio è un mondo ottuso, prenda l’ultima partita del Mondiale femminile giocata alle tre del pomeriggio. Il mondo si surriscalda, oltre a non parlarne a sufficienza, si gioca a 40°!».

Torniamo all’evoluzione del calcio.
«Di colpo i presidenti diventano imprenditori».

È grave?
«No, magari fanno contenta una città, ma ci guadagnano anche loro, va bene. Almeno, ci sono delle facce: uno può dire mi piace Preziosi, mi piace Pozzo. Poi ci sono imprenditori che sottraggono tempo ai loro affari, come De Laurentiis, che ha preso Ancelotti, si capisce che ci tiene; c’è Cairo, c’è la Juventus, c’è l’Inter, che anche se ha un presidente che sta in Cina ha preso Marotta e un allenatore tra i più bravi. Ma se il Milan viene acquistato da un fondo... non è una persona, è una banca. Quelli che ci lavorano, da Gazidis a Maldini, sono tutte brave persone, però lavorano per qualcuno che non c’è, una banca non ha un cuore, ha dei conti. Poi un giorno salta fuori: ah, meno male che ci hanno squalificato dalle Coppe...».

Lei ci è rimasto male.
«Leggere che bello siamo fuori dalle Coppe, oh bene che diamo via il portiere, oh bene che diamo via Cutrone. Ma come? Non è bello per niente. Io sono tifoso e ci rimango male. È chiaro che resto milanista, se giocano Milan-Atalanta tengo per il Milan, ma di fronte non ho più il Milan che conosco io».

Perché ha scelto l’Atalanta?
«È la squadra che più assomiglia al calcio che piaceva a me: una dirigenza di persone di qualità, che crede nei giovani; tengono un allenatore tra i migliori, cambiano i calciatori, ma il gioco resta lo stesso: al mercoledì vedrò l’Atalanta in tv, almeno ho qualcosa da fare. E poi non posso certo diventare interista anche se l’80% dei miei amici è interista e quest’anno l’Inter sarà una grande squadra, né della Juve, anche se ovunque trovi juventini. Il Napoli? Visto il mio lavoro qualcuno potrebbe pensare a un conflitto di interessi. L’Atalanta è come una squadra di una volta».

Mentre il Milan in mano a un fondo è l’ultima evoluzione del calcio-business.
«Non ho mai visto uno con le bandiere in banca, in banca vai con le cambiali, con gli assegni. Se sono una banca devo fare gli interessi degli azionisti. Ma guadagnarci e fare il bene della squadra non è detto vadano in parallelo. Soprattutto non puoi dirmi: meno male che vendo Cutrone. La gente fa finta di aver capito. Il fair play finanziario per esempio…».

Un meccanismo perverso...
«Si capisce solo che quando vogliono fanno quello che vogliono. Se ho cinque giocatori del vivaio, li scambio a un valore altissimo con altri di una squadra che ha anche lei bisogno...».

Si chiamano plusvalenze.
«Si vede che va bene così, potevo star zitto, ma io parlo per i tifosi. Io vorrei vedere gente che la domenica piange perché ha perso, non perché sono venuti in pochi allo stadio».

Con chi ce l'ha?
«Con nessuno, è il meccanismo che è esasperato, è una bolla che rischia di scoppiare. Prenda le maglie: il tifoso deve vedere la sua squadra vestita come al Carnevale di Venezia o al Palio di Siena perché spera che entreranno più soldi. Che si divideranno altri».

Anche i tifosi al bar ormai parlano di plusvalenze, ammortamenti, bilanci…
«Parlano in prima persona: “Se ci danno 50 milioni, ne possiamo spendere solo 20, ci restano…” ma a te non resta niente, non te li danno a te i soldi. Mi dessero un prosciutto crudo... Se prima vedo un giocatore e mi diverto e poi lo danno via e ci sono in banca 30 milioni in più, io cosa faccio? Io mica vado in banca, voglio andare allo stadio. Noi al Milan abbiamo avuto un presidente che aveva tifo, possibilità, voglia di vincere, anche interessi personali, e tutto è combaciato. Adesso si parla solo di bilanci. Prenda la Roma».

Prendiamola.
«Se fossi della Roma non sarei tanto contento, sono passati 20 giocatori tra i migliori del mondo e li hanno ceduti tutti. Cosa fa un tifoso della Roma? Guarda i bilanci? Prima c’era l’album delle figurine adesso compro quello dei bilanci?».

Diciamolo alla Panini
«Perché non fa l’album con tutti i bilanci? Oh mi è arrivato il bilancio della Fiorentina, attacca, attacca. Il bilancione del mese. Metto la foto del ragioniere, del commercialista. Poi c’è il campione del mondo dei ragionieri, quelli che hanno guadagnato di più quest’anno. Ti do il ragioniere del Vicenza se mi dai quello della banca del Novara».

È un'idea.
«Non è un’idea, è obbligatorio, anche perché il calciatore non faccio in tempo ad attaccarlo che me l’hanno dato via. Non ci resta che sperare di tornare al calcio di una volta, e comunque il mio cuore resta rossonero».

Il calcio, come lo sport in generale, è uno dei pochi veicoli rimasti dell'emozione collettiva e del senso di appartenenza ad una comunità. Purtroppo l'etica della società contemporanea ed il suo spirito non hanno confini. Comunque Abatantuono mi strappa sempre una risata.
 

Brain84

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Intervista di Diego Abatantuono al CorSera in edicola oggi, 2 luglio, dopo le parole che tanto hanno fatto discutere (QUI http://www.milanworld.net/abatantuono-basta-milan-ora-tifo-atalanta-vt78323.html ). Ecco le nuove dichiarazioni:

A lei la parola Diego: cos’era la sua? Battuta, provocazione, amara constatazione sul calcio.
«Non mi piace dire “è una provocazione”, è un calcio d’angolo con cui si salvano quelli che si pentono di aver detto qualcosa. Mi hanno telefonato, ho detto quello che penso. Anche se due cose non si cambiano: i figli e la squadra di calcio».

Parliamo della squadra.
«Il cuore è milanista, ma tutto nasce da lì, dal cuore. Il calcio è fatto di tifosi, persone oneste che pagano il biglietto. Poi c’era il cuore del presidente, uno che metteva nella squadra impegno, tempo, denaro, perché prima non faceva quel mestiere lì, nessuno nasce presidente di calcio. Era un appassionato. Poi di colpo cambia tutto: i presidenti diventano investitori, il calcio un business senza regole».

Senza regole, dice?
«Il calcio è un mondo ottuso, prenda l’ultima partita del Mondiale femminile giocata alle tre del pomeriggio. Il mondo si surriscalda, oltre a non parlarne a sufficienza, si gioca a 40°!».

Torniamo all’evoluzione del calcio.
«Di colpo i presidenti diventano imprenditori».

È grave?
«No, magari fanno contenta una città, ma ci guadagnano anche loro, va bene. Almeno, ci sono delle facce: uno può dire mi piace Preziosi, mi piace Pozzo. Poi ci sono imprenditori che sottraggono tempo ai loro affari, come De Laurentiis, che ha preso Ancelotti, si capisce che ci tiene; c’è Cairo, c’è la Juventus, c’è l’Inter, che anche se ha un presidente che sta in Cina ha preso Marotta e un allenatore tra i più bravi. Ma se il Milan viene acquistato da un fondo... non è una persona, è una banca. Quelli che ci lavorano, da Gazidis a Maldini, sono tutte brave persone, però lavorano per qualcuno che non c’è, una banca non ha un cuore, ha dei conti. Poi un giorno salta fuori: ah, meno male che ci hanno squalificato dalle Coppe...».

Lei ci è rimasto male.
«Leggere che bello siamo fuori dalle Coppe, oh bene che diamo via il portiere, oh bene che diamo via Cutrone. Ma come? Non è bello per niente. Io sono tifoso e ci rimango male. È chiaro che resto milanista, se giocano Milan-Atalanta tengo per il Milan, ma di fronte non ho più il Milan che conosco io».

Perché ha scelto l’Atalanta?
«È la squadra che più assomiglia al calcio che piaceva a me: una dirigenza di persone di qualità, che crede nei giovani; tengono un allenatore tra i migliori, cambiano i calciatori, ma il gioco resta lo stesso: al mercoledì vedrò l’Atalanta in tv, almeno ho qualcosa da fare. E poi non posso certo diventare interista anche se l’80% dei miei amici è interista e quest’anno l’Inter sarà una grande squadra, né della Juve, anche se ovunque trovi juventini. Il Napoli? Visto il mio lavoro qualcuno potrebbe pensare a un conflitto di interessi. L’Atalanta è come una squadra di una volta».

Mentre il Milan in mano a un fondo è l’ultima evoluzione del calcio-business.
«Non ho mai visto uno con le bandiere in banca, in banca vai con le cambiali, con gli assegni. Se sono una banca devo fare gli interessi degli azionisti. Ma guadagnarci e fare il bene della squadra non è detto vadano in parallelo. Soprattutto non puoi dirmi: meno male che vendo Cutrone. La gente fa finta di aver capito. Il fair play finanziario per esempio…».

Un meccanismo perverso...
«Si capisce solo che quando vogliono fanno quello che vogliono. Se ho cinque giocatori del vivaio, li scambio a un valore altissimo con altri di una squadra che ha anche lei bisogno...».

Si chiamano plusvalenze.
«Si vede che va bene così, potevo star zitto, ma io parlo per i tifosi. Io vorrei vedere gente che la domenica piange perché ha perso, non perché sono venuti in pochi allo stadio».

Con chi ce l'ha?
«Con nessuno, è il meccanismo che è esasperato, è una bolla che rischia di scoppiare. Prenda le maglie: il tifoso deve vedere la sua squadra vestita come al Carnevale di Venezia o al Palio di Siena perché spera che entreranno più soldi. Che si divideranno altri».

Anche i tifosi al bar ormai parlano di plusvalenze, ammortamenti, bilanci…
«Parlano in prima persona: “Se ci danno 50 milioni, ne possiamo spendere solo 20, ci restano…” ma a te non resta niente, non te li danno a te i soldi. Mi dessero un prosciutto crudo... Se prima vedo un giocatore e mi diverto e poi lo danno via e ci sono in banca 30 milioni in più, io cosa faccio? Io mica vado in banca, voglio andare allo stadio. Noi al Milan abbiamo avuto un presidente che aveva tifo, possibilità, voglia di vincere, anche interessi personali, e tutto è combaciato. Adesso si parla solo di bilanci. Prenda la Roma».

Prendiamola.
«Se fossi della Roma non sarei tanto contento, sono passati 20 giocatori tra i migliori del mondo e li hanno ceduti tutti. Cosa fa un tifoso della Roma? Guarda i bilanci? Prima c’era l’album delle figurine adesso compro quello dei bilanci?».

Diciamolo alla Panini
«Perché non fa l’album con tutti i bilanci? Oh mi è arrivato il bilancio della Fiorentina, attacca, attacca. Il bilancione del mese. Metto la foto del ragioniere, del commercialista. Poi c’è il campione del mondo dei ragionieri, quelli che hanno guadagnato di più quest’anno. Ti do il ragioniere del Vicenza se mi dai quello della banca del Novara».

È un'idea.
«Non è un’idea, è obbligatorio, anche perché il calciatore non faccio in tempo ad attaccarlo che me l’hanno dato via. Non ci resta che sperare di tornare al calcio di una volta, e comunque il mio cuore resta rossonero».

Pensiero da romantico del calcio: ha ragione da vendere.
Pensiero da imprenditore: il calcio è uno dei business più floridi del pianeta. Il calcio femminile non ha fatto altro che innalzare tutto ancora di più.
Pensare di avere ancora giocatori bandiere, un presidente tifoso che spende e spande in stile Moratti, è pura utopia. Quel calcio è morto e la pietra tombale è stata messa cacciando De Rossi dalla Roma.
 

7AlePato7

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Pensiero da romantico del calcio: ha ragione da vendere.
Pensiero da imprenditore: il calcio è uno dei business più floridi del pianeta. Il calcio femminile non ha fatto altro che innalzare tutto ancora di più.
Pensare di avere ancora giocatori bandiere, un presidente tifoso che spende e spande in stile Moratti, è pura utopia. Quel calcio è morto e la pietra tombale è stata messa cacciando De Rossi dalla Roma.
Sì ma assecondare questo tipo di calcio è follia. Io non so come non ci si accorga che Elliott sia un fondo speculativo. Speculare su una squadra di calcio per propri interessi personali non è accettato. Almeno un tifoso del Milan non dovrebbe accettarlo, per come la vedo io. Poi puoi essere un tifoso della Juventus e dell'Inter e godere del fatto che il Milan sia in mano a un fondo di questo tipo e posso capirlo.
 

numero 3

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Il mondo va avanti, vale per tutte le squadre, non è questione di Milan o di Inter, qualsiasi proprietà ha interessi economici. Facile parlare con i soldi degli altri, che la compri abatantuono la squadra e butti tutti i soldi che vuole mah.

Il tuo pensiero per quanto valido avvalora tutta la teoria di Abatantuono, lui ne fa una questione di tifo tu no. Non faccio figli perché poi mi costano, non compro la casa perché poi devo pagare la manutenzione non compro la macchina perché uscito dal concessionario si svaluta. Se un imprenditore considera il calcio ( o una società sportiva) un Hobby ci deve perdere è scritto, ovviamente non deve fare il passo più lungo della gamba ma sa che ogni anno va in perdita. La mia è una considerazione e so che non si torna più indietro però quello che dice Diego e' sacrosanto e gli sceicchi comunque sono ogni anno in perdita ma a loro frega zero.
 

gemy

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meglio non avere tifosi come Abatantuono ogni scusa è buona per criticare poi che il calcio sia uno schifo condivido
Basta vedere cosa è permesso alla Juve. Giocatori parcheggiati a società amiche vedi Sassuolo plusvalenze fittizie
 

Lineker10

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Intervista di Diego Abatantuono al CorSera in edicola oggi, 2 luglio, dopo le parole che tanto hanno fatto discutere (QUI http://www.milanworld.net/abatantuono-basta-milan-ora-tifo-atalanta-vt78323.html ). Ecco le nuove dichiarazioni:

A lei la parola Diego: cos’era la sua? Battuta, provocazione, amara constatazione sul calcio.
«Non mi piace dire “è una provocazione”, è un calcio d’angolo con cui si salvano quelli che si pentono di aver detto qualcosa. Mi hanno telefonato, ho detto quello che penso. Anche se due cose non si cambiano: i figli e la squadra di calcio».

Parliamo della squadra.
«Il cuore è milanista, ma tutto nasce da lì, dal cuore. Il calcio è fatto di tifosi, persone oneste che pagano il biglietto. Poi c’era il cuore del presidente, uno che metteva nella squadra impegno, tempo, denaro, perché prima non faceva quel mestiere lì, nessuno nasce presidente di calcio. Era un appassionato. Poi di colpo cambia tutto: i presidenti diventano investitori, il calcio un business senza regole».

Senza regole, dice?
«Il calcio è un mondo ottuso, prenda l’ultima partita del Mondiale femminile giocata alle tre del pomeriggio. Il mondo si surriscalda, oltre a non parlarne a sufficienza, si gioca a 40°!».

Torniamo all’evoluzione del calcio.
«Di colpo i presidenti diventano imprenditori».

È grave?
«No, magari fanno contenta una città, ma ci guadagnano anche loro, va bene. Almeno, ci sono delle facce: uno può dire mi piace Preziosi, mi piace Pozzo. Poi ci sono imprenditori che sottraggono tempo ai loro affari, come De Laurentiis, che ha preso Ancelotti, si capisce che ci tiene; c’è Cairo, c’è la Juventus, c’è l’Inter, che anche se ha un presidente che sta in Cina ha preso Marotta e un allenatore tra i più bravi. Ma se il Milan viene acquistato da un fondo... non è una persona, è una banca. Quelli che ci lavorano, da Gazidis a Maldini, sono tutte brave persone, però lavorano per qualcuno che non c’è, una banca non ha un cuore, ha dei conti. Poi un giorno salta fuori: ah, meno male che ci hanno squalificato dalle Coppe...».

Lei ci è rimasto male.
«Leggere che bello siamo fuori dalle Coppe, oh bene che diamo via il portiere, oh bene che diamo via Cutrone. Ma come? Non è bello per niente. Io sono tifoso e ci rimango male. È chiaro che resto milanista, se giocano Milan-Atalanta tengo per il Milan, ma di fronte non ho più il Milan che conosco io».

Perché ha scelto l’Atalanta?
«È la squadra che più assomiglia al calcio che piaceva a me: una dirigenza di persone di qualità, che crede nei giovani; tengono un allenatore tra i migliori, cambiano i calciatori, ma il gioco resta lo stesso: al mercoledì vedrò l’Atalanta in tv, almeno ho qualcosa da fare. E poi non posso certo diventare interista anche se l’80% dei miei amici è interista e quest’anno l’Inter sarà una grande squadra, né della Juve, anche se ovunque trovi juventini. Il Napoli? Visto il mio lavoro qualcuno potrebbe pensare a un conflitto di interessi. L’Atalanta è come una squadra di una volta».

Mentre il Milan in mano a un fondo è l’ultima evoluzione del calcio-business.
«Non ho mai visto uno con le bandiere in banca, in banca vai con le cambiali, con gli assegni. Se sono una banca devo fare gli interessi degli azionisti. Ma guadagnarci e fare il bene della squadra non è detto vadano in parallelo. Soprattutto non puoi dirmi: meno male che vendo Cutrone. La gente fa finta di aver capito. Il fair play finanziario per esempio…».

Un meccanismo perverso...
«Si capisce solo che quando vogliono fanno quello che vogliono. Se ho cinque giocatori del vivaio, li scambio a un valore altissimo con altri di una squadra che ha anche lei bisogno...».

Si chiamano plusvalenze.
«Si vede che va bene così, potevo star zitto, ma io parlo per i tifosi. Io vorrei vedere gente che la domenica piange perché ha perso, non perché sono venuti in pochi allo stadio».

Con chi ce l'ha?
«Con nessuno, è il meccanismo che è esasperato, è una bolla che rischia di scoppiare. Prenda le maglie: il tifoso deve vedere la sua squadra vestita come al Carnevale di Venezia o al Palio di Siena perché spera che entreranno più soldi. Che si divideranno altri».

Anche i tifosi al bar ormai parlano di plusvalenze, ammortamenti, bilanci…
«Parlano in prima persona: “Se ci danno 50 milioni, ne possiamo spendere solo 20, ci restano…” ma a te non resta niente, non te li danno a te i soldi. Mi dessero un prosciutto crudo... Se prima vedo un giocatore e mi diverto e poi lo danno via e ci sono in banca 30 milioni in più, io cosa faccio? Io mica vado in banca, voglio andare allo stadio. Noi al Milan abbiamo avuto un presidente che aveva tifo, possibilità, voglia di vincere, anche interessi personali, e tutto è combaciato. Adesso si parla solo di bilanci. Prenda la Roma».

Prendiamola.
«Se fossi della Roma non sarei tanto contento, sono passati 20 giocatori tra i migliori del mondo e li hanno ceduti tutti. Cosa fa un tifoso della Roma? Guarda i bilanci? Prima c’era l’album delle figurine adesso compro quello dei bilanci?».

Diciamolo alla Panini
«Perché non fa l’album con tutti i bilanci? Oh mi è arrivato il bilancio della Fiorentina, attacca, attacca. Il bilancione del mese. Metto la foto del ragioniere, del commercialista. Poi c’è il campione del mondo dei ragionieri, quelli che hanno guadagnato di più quest’anno. Ti do il ragioniere del Vicenza se mi dai quello della banca del Novara».

È un'idea.
«Non è un’idea, è obbligatorio, anche perché il calciatore non faccio in tempo ad attaccarlo che me l’hanno dato via. Non ci resta che sperare di tornare al calcio di una volta, e comunque il mio cuore resta rossonero».

Intervista interessante, quello che dice è romantico e condivisibile, ma c'entra poco o nulla con la situazione che sta attraversando il Milan e le ragioni dei problemi col FPF.
 
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